I TRENI I.N.G.A.P.
(di Gianni Carrara)
Introduzione
Si è spesso discusso sul ruolo che la Società I.N.G.A.P. può aver avuto nella storia della nascita e dello sviluppo del fermodellismo italiano, scopo di questo scritto è di proporre quanto mi è stato possibile reperire su questo argomento per offrire all’appassionato alcuni elementi di giudizio.
Data la produzione vastissima di giocattoli, prevalentemente in latta, di I.N.G.A.P., non è assolutamente mia intenzione trattarne tutta la produzione, anche limitandomi ai soli treni, che si è protratta per decenni, ma vorrei solo descrivere l’evoluzione che ha portato dagli esemplari in latta, decisamente classificabili come “giocattoli” per arrivare alle ultime produzioni in plastica dove si può, forse, intravedere un concetto di “modellismo”.
Purtroppo la storia reperibile su questa Società è talmente incentrata sulla latta che, diversamente dal solito, è più difficile reperire documentazione sui prodotti più “moderni” che su quelli più vecchi. Pertanto è molto probabile che alcuni prodotti non siano qui riportati o lo siano in modo impreciso, confido nell’aiuto di qualche collezionista per completare questo scritto in modo più esaustivo.
Per chi desiderasse avere una panoramica di qualità sulla produzione in latta di I.N.G.A.P. non posso che raccomandare il libro del collezionista Ivan Benzina, di cui mostro la copertina, un’opera ponderosa ricca di rare immagini. Alla cortesia dell’autore devo l’utilizzo delle informazioni sulla storia di I.N.G.A.P.e di alcune immagini dalla sua collezione.
BREVE STORIA DI I.N.G.A.P.
Nel giugno 1920 l’industriale Pietro Zinelli presenta alla seconda edizione della Fiera Internazionale dei Campioni d’Italia in Padova, un’azienda da lui fondata l’anno prima sotto il nome I.N.G.A. (Industria Nazionale Giocattoli Automatici) che, con l’aggiunta della P per Padova diverrà I.N.G.A.P. e rappresenterà nel mondo l’industria italiana del giocattolo, mercato in cui l’Italia era allora praticamente inesistente. Sopperendo, come da nostra tradizione, alla mancanza di materie prime e di capitali con l’abilità artigianale e la creatività, I.N.G.A.P. andò affermandosi per la qualità del disegno e dei dettagli unitamente alla varietà dei soggetti.
Nel 1922 entrarono nella società il Comm. Anselmo ed il Cav. Tullio Zinetti e la famiglia Casale, mentre l’azienda si espanse dai 20 dipendenti del 1920 ai 600 del 1938, senza contare l’indotto esterno. Si può ben dire che con I.N.G.A.P. inizia, per poi crescere, l’industria del giocattolo in metallo in Italia.
Nel 1938 l’area della fabbrica raggiunge i 18.000 m2 mentre la produzione supera i 400 modelli di giocattolo; una produzione estremamente variata che raggiungeva numerosi paesi esteri.
Una gestione aziendale illuminata, con strategie di marketing che portavano all’ottimizzazione delle attrezzature e ad una corretta suddivisione delle fasi di lavorazione, unitamente al ricorso a manodopera esterna che permetteva di adeguarsi alla stagionalità di molti giocattoli, furono tra le chiavi del successo.
La seconda guerra mondiale, con il contingentamento delle materie prime e l’utilizzo dei macchinari per la produzione bellica, non poté non portare ad un rallentamento dell’industria del giocattolo.
Nel dopoguerra la produzione riprese fino alla scomparsa, nel 1952, di Angelo Anselmi, ove inizia il declino dell’azienda. Negli anni ’60 l’avvento della plastica segna il definitivo tramonto del giocattolo in latta, finché nel 1972 l’azienda venne assorbita da Eurotoys.
I GIOCATTOLI
Come già detto, la produzione di I.N.G.A.P: è storicamente legata ai giocattoli in latta, in cui, ovviamente, non potevano mancare i treni. Si trattava di giocattoli dotati di movimento a frizione o a molla di cui mostro qui di seguito alcuni esempi grazie alla cortesia di Ivan Benzina.
ARRIVANO I BINARI
Un primo passo verso “il trenino” cominciò già all’inizio degli anni ’40 con l’introduzione di confezioni includenti dei binari atti a far circolare il treno; si trattava tipicamente di una locomotiva trainante uno o due vagoni su un circuito chiuso. Il circuito era composto da elementi di binario metallici curvi e dritti componibili con innesto a baionetta, assai simili ai binari usati allora per le scale 0 ed 1. Si noti che i binari erano monodirezionali, presentando due innesti “maschio” su un lato e due innesti “femmina” sull’altro, ciò precludeva l’uso di scambi permettendo in pratica solo circuiti chiusi a forma di cerchio od ovale. Lo scartamento era solitamente di 35 mm. ma vi furono anche alcune confezioni con scartamento da 25 mm..
Il movimento della locomotiva era a molla e l’unico elemento di controllo della marcia era costituito da una levetta che ne permetteva l’avvio e l’arresto.
I ganci ad innesto manuale erano comuni a molte altre produzioni giocattolo e rimasero invariati nel tempo.
Le confezioni erano catalogate come “Serie” ed all’interno di ciascuna serie erano comprese confezioni più o meno ricche dello stesso convoglio di base. In effetti l’elencazione di tutte le confezioni ed i relativi accessori sarebbe degna di un documento dedicato, ma questo esula dagli scopi di questo scritto.
Come esemplificato nella figura seguente, la confezione base poteva venire arricchita da ulteriori vagoni, la stazione, il tunnel, un segnale o un sovrappasso pedonale.
Ad esempio ecco le diverse confezioni della serie 1400:
ARRIVA L'ELETTRICITA'
La Prima Applicazione
Il primo caso a me noto di applicazione della trazione elettrica applicata ai treni in latta è costituito dalla serie 1002, nota anche come “Treno Parigi Roma”.
Si tratta di una confezione del tutto simile alle confezioni a molla, binari con scartamento di 35 mm. ed accessori compresi, ma con la locomotiva dotata di motore elettrico. La locomotiva continua a seguire i canoni tradizionali dei modelli in latta, con rodiggio e biellismo semplicemente litografati sulla cassa mentre l’appoggio sui binari avviene tramite due assi con ruote in gomma, di cui solo il posteriore è motorizzato. A differenza di quanto usuale in campo modellistico, l’alimentazione non era presa dai binari ma avveniva tramite una batteria alloggiata nel primo vagone da cui si dipartivano due fili verso la locomotiva. Come nei modelli a molla una levetta sporgente dalla locomotiva permetteva solo l’avvio e l’arresto, non era prevista alcuna variazione di velocità o l’inversione di marcia.
I binari erano gli stessi con scartamento di 35 mm delle confezioni a molla.
Si noti sul fianco della cabina la leva di marcia/arresto
Uno sportello sul tetto del primo vagone permetteva l’inserimento della batteria
Le ruote posteriori in gomma erano zigrinate per garantire una migliore trazione
ARRIVA IL COMANDO REMOTO
Un primo passo per avvicinarsi ai treni modello avviene con la serie 1001, estremamente simile alla precedente dal punto di vista estetico ma con una fondamentale differenza: l’alimentazione della locomotiva non avviene tramite un accumulatore interno al treno ma da una accumulatore esterno che porta la corrente ai binari elettricamente isolati.
Si noti che la solita monodirezionalità dei binari permette un circuito più complesso solo tramite una “sopraelevata “ , cioè comunque un circuito ad anello senza scambi.
Come mostrato nel foglio di istruzioni una pila da 4,5V era inserita nella base della stazione e l’alimentazione era controllata tramite la leva sul fianco del fabbricato.
Una sola rotaia era isolata elettricamente interponendo un isolante tra la rotaia stessa e la traversina
La locomotiva era derivata dalla serie 1002 ma il biellismo, invece che serigrafato, era costituito da una imitazione in lamierino imperniata ad un eccentrico sulle ruote posteriori motrici; i vagoni erano praticamente gli stessi della serie 1002.
Le ruote posteriori motrici sono in metallo per la captazione dell’alimentazione. Viene mantenuta la zigrinatura per aumentare la trazione. Si notino i perni del biellismo.
Una vista d’insieme con il tunnel e la stazione opzionali. Si vedono i supporti per la sopraelevata
LA SCALA H0
Con l’introduzione della plastica apparvero diverse confezioni che venivano presentate come in scala H0.
Si trattava ancora di azionamento a molla ma tutto il materiale, sia rotabile che di armamento, era realizzato in termoplastica. Anche se di dimensioni certamente più ridotte rispetto alla produzione in latta, la definizione di scala H0 era piuttosto ottimistica; lo scartamento effettivo era di circa 17,40 mm. e anche le proporzioni dei rotabili erano abbastanza discutibili.
Alcune confezioni, ad esempio quella in alto al centro, erano realizzare per la catena Standa e le scatole erano marcate anche col simbolo Standa.
In effetti il richiamo alla scala H0 non deve fare pensare ad una qualche sorta di compatibilità tra i rotabili I.N.G.A.P. ed i coevi modelli in tale scala; a parte, ovviamente, i ganci e le dimensioni dei rotabili, le ruote I.N.G.A.P. erano dotate di bordini enormi ed avevano una larghezza altrettanto esagerata. Ne deriva che un rotabile I.N.G.A.P. traballerebbe su ogni traversina e si incastrerebbe in ogni scambio di qualsiasi produttore in H0.
Tutte le confezioni contenevano la stessa locomotiva, magari con la variante delle ruote rosse, accompagnata da alcuni carri merce. La locomotiva a due assi aveva la trazione solo sull’asse posteriore ma tutte le ruote erano caratterizzate da una zigrinatura che si ingranava su una zigrinatura analoga posta sul piano di entrambe le rotaie in modo da garantire un’adeguata trazione. Al solito una levetta sporgente dalla caldaia permetteva la marcia e l’arresto. Curiosamente alcune confezioni erano dotate di ben due chiavette per la ricarica della molla.
I binari, totalmente in plastica, si univano tramite un innesto a scatto che continuava a richiedere la direzionalità nella posa.
Il Materiale Trainato
Il materiale trainato richiede una trattazione dedicata poiché era comune a quello utilizzato in seguito nelle confezioni elettrificate, descritte nel capitolo successivo.
Nelle confezioni a molla si trattava solo di carri merce che, come si desume dalle illustrazioni,appartenevano a due serie diverse. Nelle confezioni in alto a destra i carri hanno una cassa piuttosto dettagliata e dotata di scalette di accesso, inoltre i portasale, anch’essi piuttosto dettagliati, sono parte dello stampo della cassa; nelle altre immagini le casse sono più semplificate e le boccole degli assi sono elementi separati inseriti ed incollati nel portasala. Questi carri più dettagliati sembrano essere stati realizzati solo per la catena Standa. Tuttavia la versione meno dettagliata è senz’altro la più comune e sarà mantenuta nelle confezioni elettrificate.
Colpisce in un paio di confezioni l’introduzione di un carro caboose di ispirazione tipicamente americana che mal si accorda con lo stile europeo degli altri rotabili, forse un modo per giustificare il nome di “Canadian Pacific” di alcune confezioni.
Un’altra particolarità consiste nel fatto, mentre alcuni carri riportano nel sottocassa il marchio I.N.G.A.P. e “Made in Italy”, altri sono privi di qualsiasi marchio.
Gli Accessori
A complemento delle confezioni, I.N.G.A.P. produsse tre accessori: un semaforo, un segnale a braccio mobile ed un sovrappasso pedonale.
Si trattava di modelli in plastica, ovviamente non funzionanti, che furono mantenute nelle successive confezioni elettrificate. Realizzati in diverse combinazioni di colore.
H0 ELETTRIFICATO
La logica evoluzione finale dei treni I.N.G.A.P. fu l’introduzione della trazione elettrica nei modelli della serie definita come H0. Mentre i carri e gli accessori rimasero gli stessi della serie H0 a molla, furono introdotte due nuove locomotive ed una nuova serie di binari.
LE LOCOMOTIVE
Da quanto sono riuscito a reperire sono esistite solo due locomotive, una a vapore ed una elettrica.
La Locomotiva a Vapore
Si tratta di una tre assi con tender, il motore è alloggiato nella caldaia e sporge parzialmente nella cabina; la trazione è solo sull’asse posteriore, su cui è imperniato il semplice biellismo. Tutte le ruote sono zigrinate.
Lunghezza fuori respingenti cm.16,2.
È evidente la levetta, sporgente sopra la caldaia, che permetteva l’avvio e l’arresto della locomotiva.
L’alimentazione avveniva tramite una pila da 3 V. inserita nella caldaia togliendo il coperchio della camera a fumo.
L’inserimento della pila avveniva sfilando verso l’alto il coperchio della camera a fumo, che portava un contatto per la pila.
Un particolare interessante è dato dal pistoncino indicato dalla freccia; il pistoncino veniva spinto verso l’alto quando la locomotiva passava su un binario speciale (descritto più avanti), in tal modo veniva aperto il collegamento tra un polo della pila ed il motore, permettendo così l’arresto ed il riavvio della locomotiva in modo più agevole, senza dover intervenire sulla levetta montata sulla locomotiva stessa.
Non era possibile alcuna regolazione della velocità o l’inversione della marcia, da cui l’assenza di un gancio anteriore, come pure non vi era alcuna illuminazione dei fanali
Le istruzioni allegate alla locomotiva a vapore
Il Tender
Un semplice tender a due assi era solitamente in dotazione alla locomotiva.
Il
tender era dotato di ganci normali su entrambe le
estremità, pertanto la locomotiva poteva viaggiare anche
senza tender. Si noti che il gancio lato locomotiva era
più corto del solito.
Lunghezza fuori respingenti cm. 8,5.
La Locomotiva Elettrica
La compatibilità dei modelli elettrici con i binari ed i carri della serie H0 a molla è dimostrata da questa confezione in cui la locomotiva elettrica è abbinata ai tipici binari e carri delle confezioni a molla
Realizzata in livrea verde e blu, rispettivamente ispirate alla serie 8100 delle SNCF ed alla serie 1100 della NS.
La Locomotiva Elettrica Verde
Modello
di locomotiva elettrica, con alimentazione da batteria
interna. I pantografi sono ovviamente posticci.
Lunghezza fuori respingenti cm. 20.
Anche in questa locomotiva non era possibile la regolazione della velocità o l’inversione del senso di marcia, Pertanto il carrello anteriore motore non era dotato di gancio. I fanali non erano illuminati.
Vista del vano batteria aperto
La levetta A comanda la marcia /arresto della locomotiva mentre il nottolino B permette l’apertura del vano contenente la batteria.
Vista inferiore della locomotiva, si vede il pistoncino centrale che , come nella locomotiva a vapore, permetteva il blocco della marcia tramite un binario speciale ed il complesso della trasmissione dell’unico carrello motorizzato. In alcuni modelli solo le ruote dei due assi motori erano zigrinate mentre in altri tutte le ruote erano zigrinate.
Particolare del carrello motore, sia il motore che la trasmissione formavano un blocco unico con il carrello e ruotavano con esso. Con M è indicato il motore mentre Z indica una zavorra metallica applicata al telaio del carrello.
Non tutti i modelli erano dotati di questa zavorra.
La Locomotiva Elettrica Blu
Anche le due automobiline erano di produzione I.N.G.A.P.
Versione blu con migliore finitura
Vista frontale
I CARRI MERCE
Come già accennato, i carri utilizzati nelle confezioni elettrificate erano del tutto simili a quelli delle confezioni a molla; qui di seguito elencherò comunque i modelli che sicuramente fecero parte delle confezioni elettrificate indicando comunque variazioni adottate per le confezioni a molla.
Da notare il dettaglio che, nonostante la povertà dello stampo, i respingenti presentavano correttamente l’uno la superficie piana e l’altro quella convessa.
Gli assali erano composti da due metà, ciascuna comprendente una ruota di grande spessore e dall’alto bordino, e da metà assale. Le due metà erano infilate su un asse metallico. L’asse era tenuto in sede dall’imitazione dei porta boccole, a loro volta malamente incollati ; questa soluzione non permetteva lo smontaggio del complesso asse/ruote.
Diametro delle ruote circa 12,55mm e diametro ai bordini circa.17 mm
Carri Aperti
Carro aperto a sponde alte
Carro a due assi, in fusione unica colorato nella massa, realizzato nei colori marrone e verde. Lunghezza fuori respingenti cm. 11,3.
Carro aperto a sponde basse
Carro a due assi, in fusione unica colorato nella massa, realizzato nei colori marrone e verde. Lunghezza fuori respingenti cm. 11,3.
Carro pianale
Carro a due assi, in fusione unica colorato nella massa, realizzato nei colori marrone e verde. Lunghezza fuori respingenti cm. 11,3.
Vista inferiore dei tre carri precedenti, si noti l’assenza di qualsiasi marchio.
Carro aperto a sponde basse con garitta frenatore
Carro a due assi, in fusione unica colorato nella massa, realizzato nei colore marrone e verde. Lunghezza cm. 11,50.
Carro serbatoio
Carro a
due assi, telaio in fusione unica colorato nella massa,
serbatoio in due parti applicato.
Realizzato in numerose varianti di colore sia del telaio
che del serbatoio. Lunghezza fuori respingenti cm. 13,7.
Telaio marrone o azzurro con serbatoio argento
Vista inferiore del carro serbatoio
Telaio marrone e serbatoio rosso vivo con decalcomania “Caltex” su entrambi i lati.
Variante con telaio nero e scritte “Mobil”
Telaio nero con serbatoio giallo, nessuna iscrizione
Variante con telaio marrone e scritta “Shell” su entrambi i lati
Carro Caboose
Un carro inusuale per dare un tocco di “americano” ad alcune confezioni
Carro su carrelli
Carro chiuso su due carrelli a due assi. I fianchi della cassa erano in fusione unica con il tetto mentre le estremità erano ciascuna un pezzo separato ed incollato alle fiancate ed al tetto; telaio in fusione separata nera incollato alla cassa. Gli assili erano realizzati nello stesso modo di quelli dei carri a due assi ma le ruote erano di diametro inferiore:circa 9,20 mm e circa 13,50 mm ai bordini.
Lunghezza cm. 14,46
È l’unico carro merci a carrelli ma fu realizzato in numerose versioni, con finiture di colore e tampografie alquanto discutibili.
Completamente marrone colorato nella massa senza alcuna iscrizione
Vista inferiore
Cassa in marrone chiaro e con il tetto in bianco panna, tampografie FS Italia
Cassa marrone e tetto grigio, montanti della cassa evidenziati
Cassa marrone e tetto grigio, montanti della cassa evidenziati e marchio americano “New Haven”
Cassa bianco e tetto grigio, montanti della cassa evidenziati e scritta “Refrigerator”
Cassa gialla e tetto grigio, montanti della cassa evidenziati e scritta in tedesco “Sudfruchte”
Cassa verde scuro e tetto grigio, montanti della cassa evidenziati e scritte “SS PP”
Cassa azzurra e tetto grigio. Curiosa la combinazione delle scritte F.S. Italia e del marchio dell’americana Baltimore & Ohio
I VAGONI PASSEGGERI
A differenza della serie H0 a molla, nelle confezioni con locomotiva elettrica furono compresi anche dei vagoni passeggeri; a quanto ho potuto reperire erano disponibili tre modelli, un vagone passeggeri, un bagagliaio ed un vagone letto, realizzati in diverse colorazioni.
La cassa era realizzata in un pezzo unico con il tetto, mentre il telaio, identico per tutti i tipi di vagone, era in plastica nera incollato alla cassa
Vista frontale dei vagoni passeggeri e bagagliaio
Cosa non rara in I.N.G.A.P., il sottocassa poteva recare il marchio e la scritta “Made in Italy” o essere del tutto anonimo
Tutti i modelli erano dotati dello stesso tipo di carrello, sempre con di ruote in due pezzi con diametro di circa 12 mm e di circa 16,6 mm ai bordini
Il vagone passeggeri
Vagamente ispirato al vagone Bz delle Fs.
Agli angoli del tetto erano presenti quattro misteriose infossature che non avevano alcun riferimento con la realtà, dovute forse ad esigenze di stampo.
Prodotto nei colori marrone, verde e blu e con o senza strisce bianche e scritte.
Il bagagliaio
Vagone bagagliaio italiano ispirato al bagagliaio Duz delle FS; presenta le stesse infossature del vagone passeggeri. Ho reperito almeno tre varianti di colorazione:
Cassa in plastica di colore grigio nella massa e tetto verniciato in argento. Nessuna scritta o decalcomania
Come il precedente ma con cassa verde e iscrizioni tramite decalcomanie identiche sulle due fiancate.
Come il precedente con cassa verde ma fregio “Poste” evidenziato in vernice argento e decalcomanie ridotte su una fiancata.
Sull’altra fiancata la decalcomania è sovrapposta al fregio
Il vagone letto
Vagone riproducente il classico vagone letti tipo P.
Vista frontale
Realizzato anche in una inusuale livrea blu
I BINARI
Finalmente I.N.G.A.P. introdusse una linea di binari che poteva permettere uno sviluppo articolato del circuito.
Pur mantenendo la struttura in plastica con il piano delle rotaie zigrinato, come per le confezioni a molla, le nuove rotaie erano dotate di innesti asimmetrici, realizzati con scarpette metalliche del tutto simili a quelle normalmente adottate in campo fermodellistico.
Questa soluzione permise la creazione di scambi e di un incrocio.
Gli scambi, destro e sinistro, erano azionati manualmente semplicemente tirando o spingendo una barretta metallica che spostava il complesso degli aghi realizzato in un pezzo unico in lamierino, simile agli scambi Rivarossi della serie RR.
Particolare curioso è la presenza della lettera D o S sia sul metallo degli aghi che sulla plastica del cuore ad indicare la direzione della deviazione.
Un elemento del tutto inusuale era costituito da un binario dritto che portava, tra le rotaie, una specie di passerella mobile; questa passerella, divisa la centro, poteva essere innalzata alle due estremità centrali tramite una levetta.
Innalzando la passerella, al passaggio della locomotiva, veniva innalzato anche il pistoncino posto sotto la locomotiva , causando così l’interruzione dell’alimentazione e l’arresto del treno.
A conferma dell’intenzione di I.N.G.A.P. di fornire qualcosa di più del solito trenino giocattolo, venne commercializzata anche una scatola complementare dei binari, includente, oltre a binari e scambi, anche un incrocio.
Importante è notare la creazione di tre diversi elementi di binario curvo, atti a permettere diverse configurazioni di tracciato, una specie di “Sistema I.N.G.A.P.”
Ringraziamenti
Oltre alla cortesia di Ivan Benzina, devo ringraziare gli amici Renzo Bianchi e Fabio Bertoletti che mi hanno messo a disposizione le fotografie dei loro modelli e, con estrema pazienza, hanno soddisfatto tutte le mie numerose richieste; senza il loro aiuto questo articolo sarebbe stato ben poca cosa.
Gianni Carrara