(di Massimo Cecchetti)

 

LE CENTOPORTE A TRE ASSI

 

Due grandi famiglie hanno segnato, in Italia, la storia e l'evoluzione delle carrozze passeggeri soprannominate “centoporte”.  Senza scendere troppo in dettagli tecnici e storici, la vita di queste piccole carrozze a tre assi può essere sintetizzata in poche parole. I 15 prototipi furono ristrutturati, intorno agli anni '30, con cassa metallica ma partendo da telai a tre assi provenienti da unità preesistenti (serie Ciy 34.400 –  Rete Adriatica).

Rivarossi (siamo nel 1948, un'epoca pionieristica e colma di approssimazioni) nel presentare il suo primo modello di centoporte, salta a piè pari (come vediamo dal figurino) il problema del terzo asse semplicemente “eliminandolo”. Risolveva rapidamente così la circolabilità sulle sue curve e con lo sfruttamento del telaio riduceva notevolmente i costi di produzione di un altro modello (il bagagliaio V Di) che però avrebbe dovuto presentare il tetto liscio. Ma quei piccoli modelli riempirono a tal punto i nostri plastici (circa 40 anni di presenza a catalogo!) che tutti noi ci abituammo a vederli serpeggiare sui nostri plastici e quasi a non ricordare più il loro difetto d'origine. Ma un fermodellista, nel 1966, volle restituire, almeno in autocostruzione, un po' della loro realtà ferroviaria.

 

Centoporte a tre assi BDiy

fermodellista Sig. A. Schiassi – Milano

anno 1966

 

 

La deliziosa realizzazione nasce dalla unione di due carrozze a catalogo: la V Ciy e la V Di (art. 2505 e 2506) a formare la carrozza bagagliaio BDiy.  Con un perfetto “taglia e cuci” il fermodellista milanese riesce a restituire appieno i volumi e la personalità della vetturetta. Anche il tetto, nonostante sia in un unica stampata con la carrozzeria, è perfettamente tagliato ed incollato senza segni evidenti di giunzione. Alcune piccole scrostature nel colore dell'imperiale ci fanno supporre l'uso di materiale usato. Anche la cassa delle batterie, correttamente posizionata in prossimità della porta bagagliaio, proviene da uno dei due modelli. Non vediamo traccia di almeno una delle due vedette presenti sullo stampo RR per cui pensiamo che il modello sia stato ridipinto dopo la loro abrasione (illazione giustificata dalla mancanza delle decals dei codici vettura). Merita invece un accenno speciale il terzo asse centrale. La nota che accompagna l'unica foto pervenutaci,  evidenzia come l'asse possa traslare lateralmente di 2 mm permettendo l'iscrizione nelle curve minime di 80 cm di diametro della produzione RR. Una soluzione che sarà adottata, moltissimi anni dopo, da tutti i grandi produttori di modelli ferroviari. Sono stati mantenuti invece i due mantici (non presenti al vero su queste carrozze) in osservanza alle tipologie del materiale rotabile RR (che invece li prevedeva). Nelle note della rivista H0rr N°71, lo stesso fermodellista Schiassi ci “fa notare come il lavoro per questa autocostruzione sia stato abbastanza semplice”. Un'ultima approssimazione: la presenza di due finestrini, al posto di uno solo centrale, nei portelloni del bagagliaio. Questi sono ricavati (ahimè) dalle porte di accesso del bagagliaio RR, per poter sfruttare completamente la contigua testata modellistica.  E il finestrino della ritirata risulta (purtroppo) ancora trasparente.

Tutto sommato però una splendida realizzazione pur con le inevitabili imprecisioni  tollerate dal gusto del tempo. Facile da eseguire (dunque alla portata di moltissimi) e dal costo contenuto, specie in caso di sfruttamento di materiale usato.  Finalmente un'altra debole ma decisa ventata di autentico realismo.

Diamoci da fare