(di Massimo Cecchetti)
“...i 636...” tra fantasia e realtà
Affronteremo in quest'articolo un tema particolare: l'autocostruzione di modelli di fantasia, realizzati sempre con abilità meccanica ed elettrica ma troppo spesso con notevoli scostamenti estetici dai prototipi ispiratori. Un indizio concreto di questo stile di lavoro lo ricaviamo dalla stessa H0rr che spinge i fermodellisti a mettere mano ai modelli senza porre troppi ostacoli alla loro realizzazione. “...Per ottenere un bellissimo 636...basterà acquistare una scatola di montaggio (SM 424) ed alcuni pezzi staccati come ad esempio la carrozzeria 424 (SFN 493) ed un carrello folle (SFN 507)...per poi tagliare, con un segetto da traforo, le due carrozzerie ed applicare il terzo carrello...” (H0rr N.2 giugno 1954).
La proposta è troppo riduttiva ma vedremo tra poco come molti fermodellisti non solo presero alla lettera il consiglio ma si ingegnarono a spingere l'autocostruzione fino al limite del faceto o dello scherzo fantasioso. Nacquero così, quasi spontaneamente, le elaborazioni personali, con l'intento di costruire modelli di fantasia, ricavati dai materiali più disparati, con meccaniche di fortuna e con risultati oggi più che discutibili. Cosa spingesse i fermodellisti di allora a cimentarsi in questa forma di esperienza senza la particolare certezza di aver riprodotto un modello reale non riesco a capirlo e a darvene spiegazione. Ma sono filosofie legate ad un determinato periodo storico per cui giustifico e sorrido, come fece Alessandro Rossi, ai risultati non sempre ortodossi ma sempre determinati dalla irrefrenabile voglia di “fare trenino”. In quest'ottica analizziamo ora le realizzazioni di tre fermodellisti mirati alla costruzione di tre e636.
E636 fermodellista Sig. Mario Majello – La Spezia anno 1955
Ecco la prima interpretazione modellistica della diffusissima locomotiva elettrica. Il prototipo viaggiava ormai da una quindicina d'anni sulle linee italiane e rappresentava una delle macchine di maggior prestigio del parco ferroviario italiano. Era sotto gli occhi di tutti, in qualunque scalo o stazione ci si presentasse. Era dunque giocoforza seguire le indicazioni di H0rr per poter ottenere facilmente un modello che faceva gola a tutti e non ancora sul mercato. Seguendo “alla lettera” il consiglio della rivista, il Sig. Majello acquista diligentemente un 424, una carrozzeria dello stesso ed un carrello folle dai ricambi Rivarossi. La costruzione della meccanica invece è frutto della notevole creatività del fermodellista: telaio rigido in lamierino, carrello centrale con spostamento radiale e aggiunta di zavorre, per equilibrare il modello rispetto al carrello motore. Il fermodellista prevede l'iscrizione in curve minime di diametro 75 cm (lo standard Rivarossi era 80 cm come ben sappiamo) grazie al carrello centrale mobile. L'impianto elettrico era derivato dalla componentistica interna del 424 RR, compreso il commutatore rotaia/linea aerea sull'imperiale, così di moda in quegli anni. Forse oggi storceremmo il naso sulla mole rigida del modello in curve particolarmente strette, con effetto forse un po' sgradevole, ma si tratta di poca cosa. Ora però non posso non sottolineare la presenza delle quattro saracinesche che turbavano pesantemente l'estetica della macchina come pure gli sfiatatoi sul tetto ed i portelloni e finestrini, sbagliati sia per forma, posizione e quantità. Ma a quei tempi andava bene così ed anche in Rivarossi si tolleravano facilmente queste strane anomalie pur di dare sviluppo al giovane mercato post-vendita, che evidentemente cominciava a dare buoni frutti. Occorre ricordare anche che in quegli anni non era facile reperire materiali di intervento come lo stucco per modellisti o il plasticard per la creazione di determinati particolari o l'aerografo per verniciare. Infine sottolineo la notevole fantasia, mirata al realismo, nel reperire il materiale per la costruzione del bel soffietto: il nastro rigido dei berretti dei sottufficiali di marina, ulteriormente verniciato in nero opaco ed incollato all'interno delle due semicasse.
E636 fermodellista Sig. E. Nunzi - Roma anno 1955
Ottima
realizzazione, questa volta particolarmente scrupolosa. Pur essendo passati solo
due mesi dalla pubblicazione del primo e636, ecco che arriva in redazione la
foto ed il testo esplicativo del Sig. Nunzi. Evidentemente la proposta della
rivista aveva prodotto il suo effetto. E' logico pensare che i due fermodellisti
si siano messi quasi contemporaneamente a lavorare sui modelli (ovviamente
all'insaputa uno dell'altro) e che la redazione li abbia divisi nelle due prime
pubblicazioni raggiungibili.
“il Dinosauro” fermodellista Sig. Bogani - Milano anno 1958
Siamo nel 1958, anno in cui Rivarossi presenta finalmente il “suo” E636. Venendo a mancare le stretta necessità di autocostruirsi il modello, il Sig Bogani decide di dedicarsi ad una motrice articolata “...frutto di una estrosa fantasia non disgiunta da un senso artistico...” come dice lo stesso Rossi nella didascalia del modello.
Non si parla neppure di imitazione di un modello reale, tuttavia chi vi scrive ha potuto vedere un figurino FS dove veniva ipotizzata la realizzazione di un e626, per valichi di montagna, realizzato proprio con l'accorpamento di due motrici in un'unica macchina. Esattamente come il modello del Sig. Bogani ma, questa volta, con le casse di un E424 RR.
L'autore ci informa anche come il modello sia stato costruito per il funzionamento a tre rotaie, con tanto di pattino, relais e come vediamo dalla foto, anche dei classici pantografi Maerklin. Quest'ultimi sono stati modificati leggermente per sfruttare i 4 cornetti di supporto, quasi degli isolatori, presenti sul 424. Nessun intervento sulle casse che mantengono sull'imperiale gli originali 8 sfiatatoi Rivarossi, le saracinesche, i portelloni e i respingenti in metallo. Il taglio delle casse trancia di netto 4 portelloni delle fiancate ma l'autore non se ne da pena. Visti i modesti interventi sulle casse riteniamo che il modello non abbia avuto bisogno di riverniciatura. La parte meccanica presenta invece un telaio articolato in lamierino da 1 mm che supporta le due semicasse, i 4 carrelli, il relais per l'inversione di marcia (“superinversore” lo chiama l'autore e dunque di provenienza Rivarossi) ed il complesso cablaggio elettrico. Quattro lampadine (SNF 823) sono inserite nei gusci dei fanali, in serie a due a due.
Invece la fantasia creativa dell'autore si scatena nella parte bassa del modello. I carrelli sono quelli derivati dalla meccanica del 424 RR ma le fiancate provengono da quelle della locomotiva americana A FM “opportunamente modificate”. Appare particolarmente evidente la volontà di sganciarsi dalla riproduzione di un prototipo reale per giungere ad un giocoso modello di effetto, lungo ben 27,5 cm, in grado di stupire appassionati ed ammiratori. Ma anche questo è modellismo ferroviario. |