GLI EDIFICI FERROVIARI di RIVAROSSI

di Massimo Cecchetti

La situazione precedente

Le costruzioni in cartoncino H0-Rivarossi

Modital Prima Serie

Modital Seconda Serie

Gli edifici del Sistema Rivarossi

 

 

LA SITUAZIONE TRA IL 1900 ED IL 1960

 

LA LATTA STAMPATA

L'avvento sul mercato del treno elettrico innescò immediatamente la necessità di provvedere i piccoli treni di adeguati edifici ed accessori ferroviari. L'uso della latta colorata o stampata coprì la quasi totalità delle realizzazioni industriali in serie di quegli anni. Garantiva una rapida esecuzione dei pezzi, una notevole robustezza anche nei particolari di una certa finezza e, grazie alla superfici stampate, maggior qualità nella riproduzione di alcuni dettagli. Gli edifici apparivano sempre molto "colorati" ma spesso con infantili imitazioni di mattoni, pietre,  insegne, cartelli monitori, orologi e manifesti.

Ma era frequentissimo vedere riprodotti anche ferrovieri, passeggeri, bagagli, negozi e relative vetrine, tutti invariabilmente ma teneramente appiattiti contro muri e superfici, quasi un moderno affresco egiziano.  Permetteva però anche la realizzazione di piccoli oggetti tridimensionali (gru, segnali, ponti, passaggi a livello) discretamente fini e delicati. Il lato negativo svelava sempre il troppo  sottile spessore del materiale che produceva sempre sgradevoli effetti di "appiattimento" tutt'altro che realistici ed in alcuni casi poteva diventare anche pericoloso per le piccole mani che l'adoperavano.

L'avvento della plastica segnerà definitivamente il declino di questo materiale, già messo a dura prova dall'avvento di edifici in legno (dal dopoguerra all'inizio degli anni '60). Ma nonostante tutto ancora oggi associamo a quel materiale e a quelle tecniche un inconfondibile e struggente sapore di sereni giochi infantili.

UNA SORPRESA TRIX

Tra gli anni '30 e '50 si ebbero, anche sul mercato internazionale (ed in timida concorrenza con la straripante produzione in latta stampata) modelli di edifici in legno.  Grazie a TRIX i fermodellisti di allora potevano disporre di una nutrita serie di edifici in legno in grado di completare ed arricchire i loro parchi ferroviari. Gli edifici erano modulari, componibili ed integrabili tra loro e potevano essere completati da accessori che ne miglioravano utilizzo e funzioni. La peculiare lavorazione del legno trascurava come sempre i piccoli dettagli, tuttavia il complesso ferroviario risultava sempre notevolmente accattivante. Le quattro facciate del catalogo TRIX che vi presentiamo e la loro datazione (anni '30/40) antepongono questi modelli di almeno una decina d'anni all'offerta Rivarossi.

Immagini fornite da Tony Stanford

Nel catalogo generale del 1947 appaiono stazioni ed accessori talmente simili alla produzione TRIX che ci sorge il sospetto, non avvalorato però da nessun indizio certo, che essi fossero stati oggetto di attenzione o addirittura fonte d'ispirazione per Alessandro Rossi.  Questi edifici restarono a catalogo solo un anno in quanto già nel 1948 furono sostituiti dalla produzione Modital che presentava singoli edifici non componibili ed improntati alla ricerca di un discreto realismo.  Sorge in noi, analizzando gli avvenimenti più di sessant'anni dopo, il sospetto che forse non fossero neanche mai state realmente realizzate ma solamente presentate a catalogo per completare al meglio l'offerta fermodellistica di quel primo anno e sostituite appena possibile dalla produzione Modital, più confacente alle caratteristiche della clientela italiana.  Un altro particolare infine avvalora questo dubbio:  tra la notevole mole di materiale iconografico analizzato per la stesura di questa sezione, non ci siamo mai imbattuti in foto che ne documentassero l'esistenza o la presenza su plastici o in sopravvissuti modelli da collezione, fatte salve, appunto, le sole immagini del catalogo 1947, dove erano presenti anche nelle offerte di plastici completi RR.  Un motivo di più per continuare la ricerca e poter chiarire il piccolo enigma sorto in questa sezione...

AUTOCOSTRUZIONI

I fai da te erano dunque frequentissimi, con l'uso di tecniche elementari e di materiali quasi sempre oscillanti tra legno, carta e cartoncino.  Le riproduzioni erano spesso scadenti ed approssimative data anche la scarsità di materiali dedicati alle elaborazioni.   Ma qualche volta la passione stimolava creatività e manualità con risultati non sempre disprezzabili. Nella foto sottostante (HORivarossi 35-1959 - Plastico Capitoli) notiamo una non sgradevole FV, in legno e cartoncino, con interventi a pennello e vetrature opacizzate e costruita imitando la stazione "Formia" della stessa Rivarossi, a catalogo fin dal 1952. Nell'osservare questa immagine notate, in primo piano, anche due carri chiusi C.F Rivarossi (1947) ed un fantomatico e424 della poco più giovane Conti che dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, la straordinaria qualità dei coevi stampi rivarossiani.

 

 

 

 ***********************************************************************

IL CONTRIBUTO DI RIVAROSSI

COSTRUZIONI IN CARTONCINO

Anche Rivarossi darà un'ulteriore contributo all'autocostruzione con speciali inserti nella rivista HORivarossi. Si trattava di fogli (ai quali vi rimandiamo nella specifica sezione dedicata ad HOrivarossi) con riprodotte sezioni di edifici da incollare su cartoncino e rinforzare con listelli di legno o balsa. Si potevano rifinire con serramenti e tetti (in vendita come ricambi RR) messi in produzione per le stazioni della seconda serie. Prima dell'avvento dei suoi stupendi modelli in plastica, gli inserti fornivano la costruzione anche di edifici ferroviari ma dall'uscita sul mercato del "sistema rivarossi" l'offerta fu limitata ai solo edifici di uso civile, per evitare ovvie e fastidiose interferenze con la produzione.

 

 

 

 ********************************************************

STAZIONI ED ACCESSORI RR dal 1947 al 1959

PRIMA SERIE

Rivarossi presentò fin dal 1947 edifici ed accessori ferroviari componibili ed integrabili tra loro. Come dichiarato apertamente  furono prodotti dalla ditta artigiana Modital che offriva edifici in legno di pura fantasia e progettati più badando ad esigenze produttive che a vere riproduzioni modellistiche

La qualità non era delle più alte a causa della lavorazione artigianale del legno che imponeva troppo semplicistiche idealizzazioni dei modelli.   Ma d'altra parte la percezione dei piccoli dettagli era pressochè nulla nei classici monta&smonta da pavimento, comunissimi in quegli anni. Solo l'avvento della cultura del plastico da tavolo (e dunque con viste più ravvicinate) renderà necessaria la ricerca spasmodica di questi particolari. Oggi addirittura costruiamo plastici ad altezze variabili tra i 100 e 130 cm da terra per aumentare la visibilità del piccolo universo ferroviario.  Nei cataloghi erano presenti modelli di stazioni, depositi locomotive, banchine con pensiline piane o semicircolari e piccoli accessori integrabili tra loro.   Si ricorreva anche a piccole, innocenti, deliziose astuzie per cercare di offrire più variazioni  possibili; ad esempio osservate l'elemento scatolare, denominato "fabbricato stazione" dotato di 6 finestre sul lato più lungo. Le due finestre centrali, grazie all'elemento "scalinata con pensilina" si trasformavano, in un attimo, in due belle porte d'entrata!. Simili accorgimenti dovevano certamente apparire entusiasmanti a bambini e papà!

 

 

 

Dal 1952 furono offerti anche svariati edifici civili quali ville, una piccola chiesa, un grande albergo, una piccola osteria ed una falegnameria con mulino oltre a svariate FV tra cui le stazioni "Grandate", "Formia" ed "Empoli" nello stile della nuova architettura ferroviaria che rinasceva dalle devastazioni della guerra. Una così ampia offerta di edifici, anche civili, ci fa sicuramente comprendere l'intenzione di Alessandro Rossi di offrire elementi di arredo per una costruzione sempre più completa e realistica dei plastici. Ed in più ricordiamo come in quell'anno fosse ancora a catalogo il filobus "Minobus" completo di linea aerea e relativa palificazione. Un motivo in più per offrire edifici cittadini, integrati anche da lampioni luminosi, figurine in plastica della tedesca Preiser e da una fontana. Un netto segnale del passaggio tra gioco e modellismo. NeI tempo i cataloghi generali offriranno svariate stazioni, uno scalo merci con gru, due posti di blocco, un passaggio a livello in tre soluzioni, un cavalcavia con sede stradale, un serbatoio d'acqua titolato "Mognano" e "Cassano", due rimesse locomotive, una galleria, uno scaricatore di carbone. Questi edifici furono impreziositi con elementi in cartoncino fustellato (serramenti), rhodoid (vetri), alcune volte plastica (tetti a coppi) e scarse diciture in decals o carta incollata. Nei cataloghi furono sempre misteriosamente accompagnati, nelle didascalie informative, anche dall'indicazione del loro peso (!)

 

 

                

 

 

 ********************************************************

SECONDA SERIE

Una notevole evoluzione qualitativa (a catalogo fino al 1959) si ebbe ancora con la produzione di edifici in legno successivamente integrati da particolari in polistirene, materiale da sempre congeniale a Rivarossi.  Furono dunque approntati stampi per serramenti di porte e finestre (quest'ultime sia aperte che chiuse!), comignoli, panchine, fontane, tetti a coppo di varie fogge e staccionate. Questi particolari erano prodotti in plastica pigmentata in massa e qualche volta impreziositi da ritocchi di colore (ad esempio le persiane delle finestre).  Combinando variamente questi particolari si otteneva un notevolissimo aumento del realismo e del dettaglio che contribuì non poco al successo di questa seconda serie di edifici.

 

 

 

 

 

 Nacquero dunque così le bellissime FV di Doriano, Cecina, Bellaria,  Alzate, un posto di blocco, un sovrappasso, due scali merce, il passaggio a livello, una stupenda "fabbrica di televisori" con laboratori, uffici, piazzale e ciminiera. Il serbatoio d'acqua, derivato dalla produzione precedente fu variamente titolato anche con Empoli e Como oltre alle due sopracitate Mognano e Cassano. E' interessante notare come queste due ultime località furono le sedi dei primi opifici RR e tra l'altro neanche servite dalla ferrovia.   Apparvero per la prima volta decals di coerenza ferroviaria, che aumentarono notevolmente qualità e dettaglio.

 

Foto tratta dal Museo dei RRicordi:  http://www.apud.it/pescaraferr/mrr/

 

 

 

 

Gli edifici però sono ancora di fantasia, ancora dipinti a mano, la segatura colorata imita aiuole, rampicanti, erbacce alla base dei muri (queste tecniche artigianali sono usate ancora oggi nella costruzione dell'oggettistica per il presepe) ma finalmente i volumi complessivi sono rispettati dando la necessaria dignità ferroviaria agli edifici.

Tra gli accessori a catalogo ricordiamo anche la presenza di un'inusitata "galleria" (ma dai bei portali in pietra) che, come in tutte le case fermodellistiche, resterà caparbiamente a catalogo per decenni, più per rappresentanza che per effettiva necessità.

Nella foto sottostante (HOrivarossi 38/1960-plastico Sgaravelli) la FV "Cecina" si presenta elegantissima, di notevole sapore ferroviario, volumetricamente corretta e non sfigura assolutamente al fianco di edifici ed accessori già evoluti in plastica (staccionate, banchine, pensilina, magazzini, posto di blocco).

 

 

La scelta rivarossiana di produrre la piccola stazione di Bellaria, a due piani e dalle armoniose proporzioni, fu così azzeccata che la tedesca Pola imiterà, molti anni dopo l'uscita dai cataloghi RR, la FV rivarossiana con una stazione in plastica di stile meditterraneo, titolandola addirittura con lo stessa località italiana.

Nelle foto un confronto tra i due edifici.

                 

 

 

 ********************************************************

IL "SISTEMA RIVAROSSI"

A partire dal 1959/60 Rivarossi imposta una delle più grandiose operazioni di progetto, investimento finanziario e know-how fermodellistico della sua storia. Il concetto basilare consisteva nel dotare i fermodellisti di un coordinato "sistema modellistico-ferroviario" in grado di garantire armamento, segnalazione, arredo e ambientazione dei plastici attraverso un sistema componibile, rimodulabile, riutilizzabile e che offrisse, anche nell'estetica, il massimo realismo condizionandolo però a facilità di montaggio e semplicità di manipolazione, sopratutto in riferimento a giovani e neofiti.

La scelta della plastica, da sempre punto di forza di Rivarossi, rese obsolete le vecchie produzioni in legno dei 15 anni precedenti, che scomparvero dai cataloghi e che furono sostituite, in solo due anni,  da straordinarie riproduzioni di reali edifici ferroviari. Comparvero, in quel frenetico biennio, oltre ai fondamentali edifici ferroviari (corredati da altri minori ma indispensabili, ad esempio i terminali di binario o la staccionata) anche una grandiosa piattaforma girevole capace di ben 11 rimesse, il passaggio a livello automatico, il posto di blocco (anche corredato di binario elettrosganciatore) e che necessitando di  movimentazioni elettromeccaniche, furono anche dotati di appositi binari di contatto, di speciali palificazioni per catenaria, di binari e linea aerea di lunghezze particolari nonchè di dedicate pulsantiere di comando.

Ma bellezza, eleganza, praticità, a tutt'oggi imbattute, di questi modelli (...e ancora spessissimo presenti sui plastici attuali) meritano un'analisi dettagliata quasi edificio per edificio.

Vediamoli ma soprattutto ammiriamoli assieme.

 

IL SISTEMA COORDINATO DELLE BANCHINE (1960):

Ideale per comporre marciapiedi, piazzali e banchine di stazione si componeva di banchine accoppiabili tra loro, sia frontalmente che longitudinalmente e raccordabili con i piazzali delle stazioni o con le apposite banchine terminali. Ingegnosi elementi di fissaggio, in plastica morbida, garantivano il perfetto e stabile accoppiamento dei pezzi. Le combinazioni possibili erano enormi, coprendo qualsiasi esigenza fermodellistica mentre le inevitabili giunzioni erano perfettamente mimetizzate da finte griglie o, come nel caso dei fori per la catenaria, da finti tombini. Le strisce angolari di copertura prevedevano la soluzione "lato binario" (cioè liscia) o "lato strada" (cioè dotata di sedi per la staccionata). Le banchine terminali prevedevano anche la presenza di due piccole costruzioni, famosissime nella storia rivarossiana: un piccolo magazzino e l'edificio dei gabinetti, realizzati in  uno straordinario "stile italiano" e perfettamente integrabile con i restanti edifici.

 

 

LE FERMATE VIAGGIATORI (1960-61)

Non è facile parlare di questi tre edifici senza ricordare l'intervista a noi concessa da Alessandro Rossi. Il Fondatore ci ricordava come, viaggiando per recarsi in vacanza, scoprì almeno due delle più belle stazioni RR: Pergine e San Nazario sulla linea Venezia-Trento, via Bassano del Grappa. Ci raccontava come, per tranquillizzare i ferrovieri che, esterrefatti,  si vedevano rilavare e fotografare le loro stazioni, bastasse mostrare un biglietto da visita Rivarossi, un catalogo ed un modellino, per rassicurali sulle oneste intenzioni del drappello. Fatto sta che da quei rilievi furono ricavati  tre dei più bei modelli della storia del fermodellismo. Le tipologie dei tre edifici coprivano abbondantemente non solo le più svariate tipologie dimensionali degli impianti fermodellistici ma anche la loro collocazione temporale rispetto al materiale rotabile e naturalmente le più svariate combinazioni di esercizio. A partire dal 1962 furono anche commercializzate nella serie TrenHobby.

 

DUBINO

Dubino, sulla linea Colico-Chiavenna in provincia di Sondrio, la più piccola delle tre, era adattissima ai piccoli impianti, sempre in lotta con lo spazio e ovviamente molto diffusi. Dotatissima di accessori (un macaco, una fontana, i cinematismi per un ipotetico passaggio a livello, una fioriera e due sezioni di staccionata) attraeva per quel suo stile "inizio XX°secolo" fortemente caratterizzato dalla copertura del tetto in ardesia e dalle leggere lesene impreziosite da quattro deliziosi manifesti pubblicitari. Questi erano offerti in decals assieme alle insegne di stazione e ai cartelli monitori sopra le porte. Anche i serramenti erano attentamente riprodotti (conformi agli originali e diversi per ogni stazione!) e a Dubino si ammirava anche una doppia grata alle due finestre laterali che donava uno straordinario effetto tridimensionale all'edificio.

 

 

SAN NAZARIO

Stazione di media importanza (per le tipologie dei plastici), riproduce il suo originale sulla sulla linea Venezia-Trento.  Lo stile, cronologicamente più moderno di Dubino, affascinava per quel suo gusto vagamente campagnolo e nostrano. Si componeva di due edifici, di cui uno a due piani, dipinti, come al vero nel caratteristico e delizioso "rosa salmone" come si diceva in RR, con fasce e lesene in bianco. Aveva originalissimi comignoli e finestre particolarmente piccole, tipiche degli edifici montani.  Si adattava perfettamente a rappresentare la FV più grande  se sullo stesso plastico si trovava Dubino o, al contrario, la più piccola se si trovava assieme a Pergine. Non godeva di molti accessori (come al vero dal resto!) ma era adornata, oltre che da una fontanella, da un bellissimo cancello FS di colore verde e da tre sezioni di staccionata. E' interessante notare (riquadro in alto a sx della foto sottostante) come , nell'immagine apparsa sul catalogo 1960, appaia una San Nazario "disegnata" e ritoccata (forse da una foto del master per la produzione degli stampi), probabilmente per la necessità di offrire immagini promozionali in anticipo sulla produzione. La particolarità però consiste nel fatto che il disegno raffigura il grande manifesto pubblicitario (come al vero) tra le porte dell'edificio piccolo e l'insegna di stazione, conforme all'originale ma troppo fragile per una riproduzione modellistica. In via definitiva fu sostituita con altra di struttura più solida e i manifesti furono unificati ai quattro presenti in tutte le stazioni RR. Come tutte le altre era dotata di grondaie e pluviali, accessori questi che, grazie all'uso della plastica, apparivano per la prima volta nelle riproduzioni industriali.

 

 

PERGINE

Anche Pergine (ricordate le vacanze di Alessandro Rossi?...) ancor oggi si fa ammirare per la sua eleganza ed imponenza. La più grande delle tre si caratterizzava per lo stile moderno e razionale legato però alle tradizioni costruttive del luogo. Al vero infatti la stazione offriva  un bugnato nella caratteristica  pietra grigia del Trentino da cui scattava verso l'alto il bianco edificio ad intonaco culminante in una copertura sostenuta da travi a vista in legno. Le stesse tipologie che contraddistinguono ancora oggi molti "masi" trentini.  Rivarossi qui da il meglio di se:  perfetta riproduzione dell'originale, sia nei volumi che nei colori, una fedelissima simulazione dei serramenti di porte e finestre, una quasi maniacale ricerca del dettaglio (la rossa cassetta della posta, l'esatto numero dei numerosi comignoli, sedie e tavolini dell'annesso bar, i 5 servomeccanismi di azionamento dei deviatoi, il verde cancello FS, ecc...).

Nel "sistema Rivarossi" si configurava come la FV più grande e dunque degna di servire adeguate strutture ferroviarie. Venne, nei plastici Rivarossi, sempre montata a rappresentare stazioni di notevoli dimensioni e capacità operativa ma grazie al suo stile, sintetizzato in una moderna evoluzione della tradizione, non rendeva anacronistiche le numerose locomotive a vapore del parco trazione RR che vi transitavano davanti.  A causa della sua imponenza ebbe una minor diffusione sui plastici dei fermodellisti, sempre in guerra con lo spazio, tuttavia i fortunati che la ebbero dettero sempre, grazie a lei, una fortissima caratterizzazione ai loro impianti.

 

 

 

LO SCALO MERCI DI OLGIATE CALCO (1960)

 

Questo indispensabile modello, onnipresente ancor oggi sui nostri plastici, riproduceva un edificio diffusissimo su tutto il territorio nazionale. Grazie alle sue ben articolate dimensioni ben si prestava a coprire qualsiasi esigenza fermodellistica, anche in impianti di grandi dimensioni e naturalmente con il suo italianissimo stile, integrava e legava perfettamente tutta la produzione rivarossiana, sia statica che rotabile.

E' interessante notare come Alessandro Rossi ed i suoi tecnici abbiano scelto edifici da riprodurre localizzati o nell'area lombarda (e più precisamente lariana) per rilievi e sopralluoghi di facile ed economica realizzazione o, quando più lontani, in prossimità di località di villeggiatura (frequentate da Alessandro Rossi) come Pergine, S.Nazario, Primolano, in Valsugana, per ottimizzare al massimo le spese di progetto.

Nella foto sottostante l'edificio originale e la foto "reclame" ripresa ancora dal master; nel modello definitivo il basamento, qui particolarmente basso, fu alzato per farlo collimare con il piano di carico dei carri (in Rivarossi particolarmente alto). Il basamento fu anche modificato e semplificato con l'aggiunta di una scala di accesso e definitivamente risolto in un bugnato, dalle grosse pietre irregolari come appare chiaramente dalla foto di un catalogo generale.

 

 

 

IL POSTO DI BLOCCO (1960)

Delizioso edificio, a volte nominato nei cataloghi anche "cabina di blocco", si distingueva per gli interni, perfettamente riprodotti e visibili dalle ampie vetrate. Il modello riporta una deliziosa ricostruzione dei primi apparati idrodinamici per il comando a distanza dei deviatoi e consistente in un grosso serbatoio di olio idraulico tenuto alla necessaria pressione di pesi sovrapposti al coperchio mobile dello stesso. Il colore argento e rosso (serbatoio e pesi) legava perfettamente con il beige della muratura ed il verde della scala di accesso donando un tocco di allegria al modello e ai plastici. Era commercializzato anche in una versione dotata di uno speciale binario sganciatore la cui forza magnetica era generata da un elettromagnete contenuto all'interno dell'edificio. Nelle foto il casello ripreso dalla foto del master, con evidenti variazioni alla cromia definitiva e l'elettrosganciatore art. 5106 con la sua apposita sezione di binario.

 

 

LA PIATTAFORMA GIREVOLE E LE RIMESSE (1959)

Prendendo spunto dalla grande rotonda di Milano-Greco, questo accessorio,  presente solamente nei cataloghi delle grandi case fermodellistiche, permetteva il ricovero, entro dedicate rimesse, a ben 11 locomotive. Il progetto elettromeccanico prevedeva ovviamente la rotazione della piattaforma, la fermata del ponte in perfetto allineamento ai binari, il loro sezionamento elettrico e la loro alimentazione in corrispondenza del ricovero prescelto. Un'apposita pulsantiera si incaricava della rotazione, nei due sensi, in modo semplice ed intuitivo mentre sezionamenti, alimentazione dei binari e apertura delle porte avvenivano in modo automatico. Piattaforma e rimesse completavano al meglio qualsiasi impianto fermodellistico, offrendo operazioni di ricovero e giratura, che attraevano indistintamente fermodellisti, appassionati ed ammiratori. Piattaforma e rimesse occupavano una notevole superficie potendo ospitare locomotive fino ad una lunghezza massima di 38 cm e date le notevoli dimensioni non era infrequente l'uso anche su plastici di stile americano ma con evidente approssimazione stilistica. Nel 1961 il prezzo della piattaforma girevole era di 13.500 lire (il complesso TEE nello stesso anno ne valeva 15.000) e ciascuna rimessa era commercializzata a 3.900 lire; ipotizzando l'acquisto della piattaforma e di almeno tre rimesse il valore saliva a 25.200, cifra abbastanza alta e non alla portata di tutte le borse. D'altra parte l'imponenza dell' impianto stesso selezionava la disponibilità economica della clientela ma si consideri anche che le rimesse potevano essere acquistate un pò alla volta o in scatola di montaggio, chiodo fisso di Rivarossi per rendere i suoi modelli alla portata di tutte le borse.

Nella bellissima foto aerea (HOrivarossi 60/1964) il grande ponte di 40 cm ospita comodamente la Pacific Gr. 691 (28,8 cm) in un plastico originale RR; l'eleganza ferroviaria delle maestranze aveva posto anche una demolenda Gr.851 in un tronchino abbandonato a lato delle rimesse!  Il "sistema Rivarossi" prevedeva, per i binari afferenti alla piattaforma, l'uso della massicciata in spugna in quanto non era richiesta la foratura del tavolo di supporto. Uno dei tanti artifici per spingere i fermodellisti all'acquisto dei soli prodotti Rivarossi.

 

 

IL PASSAGGIO A LIVELLO (1959/60)

Straordinario per bellezza ed eleganza riproduceva l'omonimo "Cosio-Traona" al km 12 sulla linea Colico-Sondrio. Si componeva di tre elementi il cui centrale, dotato di "controrotaia di contatto", poteva anche essere acquistato separatamente per ottenere una soluzione con più binari. Anche la controrotaia di contatto era venduta separatamente per ottenere un più realistico anticipo della chiusura delle sbarre sull'arrivo del treno. Due elettromagneti, nascosti in casse dietro le sbarre, si incaricavano si sollevarle con un movimento, a dire il vero, un po' brusco ma che la tolleranza dei fermodellisti del tempo non evidenziava, come faremmo invece noi oggi, viziati da servomeccanismi a motore lento o da cavetti metallici "a memoria". E' interessante notare come il deposito di ghiaia copra la stessa superficie dell'opposto casello; dunque lo stesso stampo della base ma con l'applicazione a colla del casello da un lato e dal deposito ghiaia dall'altro. Anche le sbarre contribuivano al realismo complessivo del modello: in plastica pigmentata bianca erano decorate con le classiche strisce rosse. Una realizzazione straordinaria per il tempo se pensate che occorrerà attendere gli anni '90 per ottenere dal mercato un'altra riproduzione modellisticamente corretta. Il casello fu commercializzato anche separatamente dal PL: singolarmente o corredato da un pozzo e da un palo telegrafico che apparve anche nella serie "rr" (catalogo generale1962/63). Nelle foto, a colori il passaggio a livello (dal catalogo 1966/67) ed una splendida ripresa aerea dal plastico Tromby (HOrivarossi 66/1965) nella versione con due binari di transito.

 

 

 PICCOLI MA IMPORTANTI

Questi tre elementi trovarono sempre larga applicazione da parte dei fermodellisti e non c'è foto di quegli anni dove essi non appaiano per la loro importanza funzionale od estetica. Il più voluminoso dei tre, la torre piezometrica (...serbatoio d'acqua per RR...), riprende fedelmente l'originale della stazione FS di Primolano, sulla linea Venezia-Trento (tanto per non stare mai fermi, neanche in vacanza!...) e ne riproduce perfettamente stile e caratteristiche. Sostituirà nel 1959/60 il suo giocattolesco precedente in legno, a catalogo dal 1948. Graziosissimo per proporzioni offriva serramenti originali perfettamente riprodotti (ben tre nel modello e tutti diversi), il caratteristico indicatore di livello e un corredo di decals da apporre a discrezione del fermodellista. Nei cataloghi RR apparve però sempre  titolato "COMO S.G." probabilmente per sfruttare la fotolito esistente. Come tutti gli edifici sarà anche lui proposto nella serie TrenHObby.

 

 

Il terminale di binario, esistente nei cataloghi RR già dal 1948, assunse varie fogge: la prima, un ondulato parallelepipedo con respingenti e dotato di un piccolissimo tratto di binario, con la volontà di riprodurre forse un originale in cemento armato. La seconda, prodotto da una rivisitazione del  tratto del binario standard dritto e praticamente costituito dai profilati piegati dello stesso binario (soluzione adottata anche nella realtà) e con la sola aggiunta dei respingenti in plastica. Il tratto di binario dritto era troppo lungo (20 cm, per cui spesso si doveva ricorrere a drastici accorciamenti fai-da-te per esigenze di spazio) ed inoltre era inadatto a chiudere tronchini di sole curve. Infine l'ultimo che riproduceva finalmente un prototipo allora ancora molto diffuso sulle linee FS;  una buona riproduzione modellistica in linea con la  filosofia estetica inaugurata nel 1959. Il catalogo 66/67 presenta anche un terminale rilevato dalla produzione Poker. Nella foto il primo e l'ultimo terminale.

 

 

La staccionata, la classica recinzione FS, venne fornita sempre in scatola di montaggio e  per la considerevole lunghezza di m 1,80 a confezione. Oggi appare un pò troppo grossolana ma allora si dimostrava uno straordinario accessorio, utilissimo nella decorazione di impianti fermodellistici. Poteva essere inserita, tramite appositi fori, nelle banchine, nelle banchine terminali, a completamento di edifici o, tramite appositi piedini, autosostenersi.

 

 

 

 

 

QUALCHE CURIOSITA'

A proposito della piattaforma girevole rimarcavo l'anacronismo che spesso appariva negli impianti di stile americano dove piattaforma e rotonde, di stile prettamente italiano, apparivano al servizio delle splendide motrici americane Rivarossi. Tuttavia la realtà qualche volta sorpassa la fantasia: ecco, nelle foto sottostanti, un piccolo impianto (HOrivarossi 59/1963 - plastico Medici) con una 0-8-0 "Indiana Harbor Belt" sul ponte girevole.  L'anacronismo però è annullato dalla realtà...ecco la rotonda di Milano Greco con una Gr. 736, una delle 248 macchine di questo gruppo arrivato in Italia al seguito delle truppe USA (USATC) e qui rimasto fino alla fine degli anni '50.

 

Ancora qualcosa...spesso capitava che il definitivo approntamento di stampi e modelli non coincidesse con l'uscita di informative a carattere giornalistico o con l'approntamento del catalogo generale e che dunque fosse necessario approntare dei premodelli per uso fotografico, sia di integrale autocostruzione sia completati dalle prime stampate esistenti. Ma un proposta anticipata serviva anche a saggiare il reale interesse del pubblico e della rete di vendita evitando sgradevoli "tonfi" economici con l'offerta di modelli non ben accetti.

Nella foto sottostante il PL, ripreso dal catalogo 1959 (dove era proposto come "novità") è completamente autocostruito dalle maestranze RR ed inoltre rispecchia pochissimo la versione definitiva. Il casello  risulta dal lato opposto rispetto alla versione finale, costruito con i serramenti delle stazioni della seconda serie, è presente un inutile cespuglio e le casse per gli elettromagneti sono risolte a mattoni.  Inoltre la strada è pavimentata con grosse pietre e manca il deposito di ghiaia, che nella versione definitiva coprirà l'opposta superficie del casello. Evidentemente un progetto ancora in fase di evoluzione

Probabilmente solo le sbarre derivano direttamente dagli stampi di prova ma già  pochi mesi dopo, su HOrivarossi dell'aprile 1960, il PL appare nella sua veste definitiva, nella sezione "vetrina delle novità" e due mesi dopo, sempre sulla stessa rivista, è presentato in un redazionale di tre pagine. Veramente anni frenetici per Alessandro Rossi e le sue maestranze

 

 

Produzione Edifici