L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE
Come si trasformarono nel tempo ganci, mantici, gruppi portasale, motori, respingenti, ecc... nei modelli Rivarossi
(di Massimo Cecchetti)
In questa sezione saranno analizzati tutti quei sottoinsiemi che ricevettero da Rivarossi una progressiva evoluzione dovuta all'ottimizzazione della produzione, alla ricerca di una migliore funzionalità o di una più accattivante riproduzione dei dettagli. Coerentemente con i contenuti del sito, analizzeremo le sole produzioni elaborate durante la gestione di Alessandro Rossi, in anni in cui ottimizzare gli stampi, a causa del loro elevato costo, era prevalente sulla corretta riproduzione del modello ed in cui era giocoforza sfruttare al massimo attrezzature ed impianti per un mercato che ancora consentiva ed assolveva simili imprecisioni. Abbiamo altresì escluso dall'analisi le produzioni TRIX e POCHER per ovvii motivi e di quei modelli, progettati a partire dagli anni '70, in cui risultava indispensabile la corretta riproduzione del prototipo in ogni sua parte e dunque non più ascrivibili ai processi di generale standardizzazione.
L'uso delle materie plastiche, duttili e versatili, punto assoluto di forza di Rivarossi, favorì sempre i processi evolutivi e la casa comasca si preoccupò, pur adeguandosi ad estetiche fermodellistiche sempre più raffinate, di semplificare e razionalizzare la produzione migliorando contemporaneamente le prestazioni dei modelli. Analizziamo dunque gli aspetti dei sottosistemi più significativi ma gustando al contempo la straordinaria creatività dei progettisti, la grandissima maestria degli stampisti, la personalità modellistica che ne derivò e che trasformò dei semplici modelli in modelli “Rivarossi”.
Il “balestrino con freni”... grazie a Quirino Marignetti e all'indispensabile apporto storico-fotografico di Antonello Lato http://pescaraferr.8m.com/ Questo sottoinsieme, così chiamato nei primi cataloghi RR, e cioè il gruppo portasale, freni e sospensioni, svolge contemporaneamente due funzioni modellistiche: dinamica, per il rotolamento di ruote ed assi, ed estetica, per una continua ricerca di definizione e dettagli. Nei modelli in latta di un tempo era forse facilitato il rotolamento grazie al basso attrito tra metalli ma non certo risolto quello estetico, declassato dalla scarsa riproduzione dei volumi. Le fusioni in lega invertivano invece il problema: maggiore volumetria e definizione dei particolari ma scadente fluidità di rotolamento a causa del logorio dei materiali. Nelle foto un carro maerklin degli anni '30 in latta stampata ed una pagina del catalogo, dell'inizio degli anni '60, della francese Jouef dove si vedono i troppo sintetici portasale in zama, addirittura con un inutile ed antiestetico foro passante per l'asse. Anche qui telai uguali per carri diversi, come si deduce chiaramente dalle misure indicate.
portasala in fusione di JOUEF un portasala Maerklin in latta
Ma il “balestrino con freni”, di grande fascino fermodellistico, attrasse sempre l'attenzione di RR; nelle foto sottostanti salta immediatamente all'occhio l'enorme differenza di qualità tra un portasala RR, della seconda metà degli anni '40 e lo stesso particolare, in un modello Favero, prodotto più di 20 anni dopo. E' da notare, nel carro Rivarossi, anche la presenza dei predellini dei manovratori, in lamierino tranciato.
Sulla sinistra un modello Rivarossi e destra uno Favero: la indiscutibile qualità della produzione RR riferita anche a modelli concorrenti di molti anni dopo Dunque fino dal 1947, grazie alla passione per i bei modelli, Alessandro Rossi produsse portasala in resina termoindurente (bakelite) dal notevole grado di dettaglio e dall'ottima scorrevolezza. Mancavano ancora i ceppi dei freni ma la realtà ferroviaria del tempo favoriva la produzione rivarossi: alla fine della guerra erano ancora numerosi i carri merce privi dell'impianto frenante e a Como, soprattutto per semplificare stampi e produzione, ci si adeguava volentieri a quella realtà. Nelle foto sottostanti il portasala di un carro, in una foto del catalogo 1948 ed una ripresa ravvicinata dello stesso modello; sono riprodotti la scatola dei cuscinetti, il gruppo balestre con i supporti al telaio, 4 grossi bulloni , il portellino di lubrificazione. Nel lato interno della piccola struttura, i cavallotti ad “U” con l'incavo per le punte coniche degli assi, dichiarate a catalogo fin dal 1948.
oltre allo scrupolo riproduttivo appare evidente la ferma volontà di produrre modelli efficienti e funzionali, sia in fase di montaggio industriale sia di operatività sul plastico
Ovviamente questo sottoinsieme era unificato a tutti i tipi di carri merce a due assi, per la massima ottimizzazione degli stampi. I gruppi sala erano forniti anche separati (art. SFN 401), offerti nel catalogo ricambi e da inerire in apposite sedi nei telai.
lo scrupolo di RR era anche quello di dotare i fermodellisti di ricambi, utilissimi sia per riparazioni che per elaborazioni personali
il polistirolo Dal 1954, con il passaggio alle termoplastiche, si ha un rinnovamento estetico determinato dalle specifiche caratteristiche del nuovo materiale plastico usato. Aumenta così la qualità della definizione nei particolari ma rimangono inalterati i criteri funzionali ed estetici derivati dai precedenti progetti e che comunque fino ad allora avevano dato ottimi risultati. Nelle foto sottostanti un delizioso carro Ltm del 1957, dall'impeccabile verniciatura, ci mostra la versione evoluta in polistirolo e dove anche il disegno di Dalla Costa ci aiuta a identificare, con maggior precisione, i dettagli realizzati nella piccola struttura. Già che ci siamo sono da notare le riproduzioni delle porte all'interno della cassa, particolare spesso dimenticato anche nei modelli attuali. I portasale erano solidali al telaio, come nella produzioni in bachelite, erano ancora presenti i cavallotti ad “U” e si poteva osservare anche una sommaria riproduzione dei longheroni, esattamente identica ai telai in bakelite.
oltre alla bellissima confezione, sempre da ammirare, notiamo come lo stesso particolare cominci ad evolversi, sia per il cambio tecnologico dei materiali sia per un più progredito affinamento dei processi produttivi
finalmente una nuova versione Nel 1960 viene ristudiato completamente l'intero portasala, solidale al telaio, assegnandolo però ancora una volta ad un'infinità di carri merce e a scapito della specifica riproduzione fermodellistica del prototipo. Questo rinnovamento coinvolge anche le carrozze e i bagagliai FNM, che perderanno così definitivamente la possibilità di ricevere una corretta riproduzione dei loro profili ottocenteschi, leggeri e delicati. L'insieme è ora completamente rinnovato e finalmente sfida un po' anche la realtà. Appare troppo sovradimensionato ma è molto solido, di notevole profondità di incisione, finalmente con ceppi freni ma non ancora complanari agli assi. La riproduzione del cinematismo dei freni appare particolarmente appesantito a causa della vela di irrobustimento. Il gruppo fa parte di un unico stampo solidale al telaio, rinnovato anche lui grazie alla riproduzione delle doghe in legno, dell'intera componentistica dell'impianto frenante e dei longheroni, realizzati ad imitazione dei veri profilati . Scompaiono però i cavallotti ad “U” che avevano garantito, fino a quel momento, un eccezionale scorrevolezza, ma punte coniche e materie plastiche di qualità non ne faranno sentire la mancanza. La fine incisione è sempre completamente esente da bave grazie alla grande qualità degli stampi e permetteva di utilizzare immediatamente il pezzo, appena uscito dalla pressa, senza ulteriori lavorazioni di aggiustaggio. E finalmente il modello poteva essere guardato con ammirazione anche da sotto. Ma, ad onor del vero, già nel fantomatico catalogo 1947, la coscienza fermodellistica di Alessandro Rossi gli faceva scrivere: "I nostri carri merci sono dei veri modelli: sono cioè perfette riproduzioni dei tipi reali a cui si riferiscono. Guardateli da ogni parte, anche dal di sotto: potrete vederne il telaio perfettamente riprodotto".
Il carro appartiene alla serie “rr” ma questo, pur nella sua scarna semplicità, ci permette di apprezzare maggiormente la qualità degli stampi, delle materie plastiche usate e dei dettagli di incisione
Un'ulteriore miglioria Ma già a partire dalla metà degli anni '60, probabilmente anche in occasione del rifacimento di stampi usurati, il gruppo sala è ulteriormente affinato e migliorato nell'estetica. Riceverà nuove scatole per cuscinetti, una doppia fila di balestre, una più precisa e delicata riproduzione delle chiodature, ceppi dei freni più particolareggiati (ma ancora non complanari ai cerchioni) e con la onnipresente vela di irrobustimento dell'impianto frenante che li rendeva poco “trasparenti” e molto “rivarossiani”. Comunque un lavoro di grande maestria e precisione. Li riceveranno quasi tutti i carri merce, anche i più datati, alla prima occasione di aggiornamento o ristampa.
solo la vela dei ceppi del freno, creata per una maggiore robustezza operativa del modello, getta una piccola ombra sullo stupendo lavoro di tecnici e stampisti
Un'altra variazione si ebbe in una riedizione del carro G con garitta che ricevette portasale completamente rinnovate ma con inspiegabili troppo grandi “orecchie” determinate dalla vela di irrobustimento dei cinematismi-freno.
qualche eccezione... Nei cataloghi 1950 e 1952 appaiono impianti completi denominati “serie verde-giocattolo”. Le scatole contengono carri e carrozze passeggeri a due assi realizzati, come dice il catalogo stesso, con “estrema semplicità, prezzo ridottissimo, finitura perfetta”, in pratica una serie “rr” ante litteram. Lo scopo era allargare ed estendere il mercato creando al contempo un sempre maggior numero di neofiti. Nelle foto sottostanti il gruppo portasale è ridotto all'essenziale a causa del materiale impiegato (lamierino di ottone tranciato), ridotto ad un semplice poligono trapezoidale ma presenta un leggerissimo accenno della scatola-cuscinetti. La volumetria è scarsissima e l'imbutitura conica della sede degli assi fa di tutto per “gonfiare” il particolare. Le serie giocattolo non avrebbero mai convinto completamente Alessandro Rossi (ed invece erano fortemente caldeggiate da quasi tutti i suoi direttori commerciali...) che riteneva i treni elettrici oggetto di “qualità, precisione, realismo”. E' interessante notare, però, l'intelligenza e la razionalità del progetto, tutto finalizzato al risparmio della componentistica e alla riduzione dei tempi di montaggio; ad esempio il rivetto che salda il telaio alla cassa fa da perno anche al gancio, particolarmente semplificato ma dal progetto tutt'altro che banale.
Rivarossi ci abituava a ben altre cose ma era necessario produrre anche modelli per start-set per poter divulgare ad un pubblico sempre più vasto la passione e l'amore per il piccolo treno...
Le carrozze e i bagagliai "centoporte" (V Ciy e V Di) manterranno invece inalterate per svariati decenni i portasala prodotti con gli stampi originali e completamente diversi dalla produzione standard. Apparivano molto leggeri ed eleganti, con i loro tipici cuscinetti a rotolamento e le lunghe balestre che donavano ai carri un aspetto elegantissimo e decisamente simile ai prototipi originali. Saranno aggiornate solamente negli anni '70 con l'aggiunta, finalmente, anche dei ceppi dei freni e di cinematismi-freno particolarmente leggeri e trasparenti.
l'elegantissimo bagagliaio V Di dalle altrettanto eleganti portasale, straordinariamente conformi all'originale e progettate appositamente per questi carri
Nel catalogo 1962/63 viene presentato come novità il delizioso carro merci coperto C251 delle FNM per dotare finalmente la 270 Castano anche di un adeguato parco merci. Presenta portasale di notevole precisione e riproducenti le originali ottocentesche del prototipo. Rivarossi stava abbandonando la primitiva consuetudine di usare gli stessi telai e portasale per una infinita varietà di scocche. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che telaio e portasala stavano diventando un tutt'uno con la scocca, con lo scopo evidente di risparmiare tempi e materiali di assemblaggio e che dunque ogni carro veniva progettato per intero ed indipendentemente dagli altri. E' comunque la seconda riproduzione (la prima, come abbiamo visto, apparteneva alle carrozze e bagagliai serie Di e Ciy) di un portasala fedele all'originale già in fase di progetto.
Un'altra realizzazione con sale dedicate fu il pianale S.E.F.T.A. - P69, altro delizioso carro merci, straordinario per qualità d'incisione e raffinatezza del particolare in una più che corretta riproduzione del prototipo. Anche lui fu progettato ex novo dato il monoblocco telaio, cassa, portasale. Nei cataloghi apparve anche dotato di carico di sassi e di vomere spartineve e comparve, un po' troppo proditoriamente, accoppiato a materiale FNM in confezioni start-set.
l'evoluzione continua in questa riproduzione dove portasala e telaio fanno parte di un unico blocco
Queste le fasi essenziali dell'evoluzione dei portasala. Alcuni di loro rimasero caparbiamente inalterati e a catalogo per decenni, indissolubilmente legati al “sistema rivarossi” che alla fine creerà isolamento dal mercato e dalla clientela. Solo a partire dagli anni '70 Rivarossi inizierà a progettare carri in esatta scala HO. Ma lo scopo di questo sito è onorare la Rivarossi sotto la gestione di Alessandro Rossi e dunque le analisi oltre questo periodo esulano dal nostro compito. Ma maestranze e progettisti furono sempre influenzati dalla grande scuola fermodellistica impartita dal Fondatore, tesa a produrre modelli di pregio al prezzo più competitivo possibile.
indiscutibilmente di altissimo livello i portasale della foto, perfetti nella volumetria e nella ricerca del dettaglio |