Restauro funzionale E428.166 seconda serie (di Gianluca Cantori)
Il locomotore in oggetto è stato acquistato tre anni fa ed è stato all’epoca oggetto di cure solo estetiche alla carrozzeria (lavaggio con acqua e sapone liquido della scocca e dei 4 carrelli, pulizia e lubrificazione pantografi.) Il funzionamento era rumoroso e la marcia in entrambi i sensi lenta; ai bassi regimi nei cambi di direzione il motore si inceppava sistematicamente: per l’inversione di marcia bisognava prima dare tutta la corrente nel senso opposto per poi parzializzarla a piacimento, inoltre non si avviava se non a più di metà potenza. Le luci inoltre funzionavano sempre entrambe indifferentemente dal senso di marcia. Acquistato in apparente “buono stato”, lo era in realtà solo fuori; la “sorpresa” si è rivelata poi una volta aperto per l’ispezione. La presenza di ruggine su gran parte delle superfici metalliche, di ossido nei fili, il pessimo stato delle stagnature erano comprensibili segni del tempo trascorso, ma in aggiunta c’erano: - i fori nel fondo della plastica rotti per il serraggio troppo forte delle viti - il selettore rotaia/pantografo non più in grado di assicurare il contatto con i terminali, a causa del cedimento del suo stesso perno. - una evidente modifica alla luce lato motore: un filo rosso unipolare rigido in rame in partenza dal motore. - i fili dei pantografi non erano saldati nelle rispettive sedi sulle piastrine bensì sopra, rendendo difficoltoso l’avvitamento della cassa.
L’equipaggiamento è quello con il motore verticale a sfere; e l’intervento per la manutenzione e il ripristino che ho dovuto fare ha comportato la temuta “apertura” del motore a pallini: Seguendo i preziosissimi consigli della Casa Costruttrice, non ho estratto il motore dal carrello togliendo la rondella elastica, (in quanto effettivamente sprovvisto di una pinza di misura adatta e anche per il poco posto a disposizione per operare all’interno del carrello) ma dissaldando i fili dalle spazzole, ho separato motore e carrello dal resto del telaio trasparente svitando la sola vite presente fra il carrello motore e quello portante. Ho tolto quindi le spazzole dalle sedi relative e ho svitato ed estratto le due viti che tengono il coperchio del motore nonché i magneti.
Questa operazione è da effettuare lentamente, l’estrazione va fatta in modo progressivo anche se i magneti oppongono una considerevole resistenza a causa del rotore bloccato nel carrello dalla sua vite senza fine.
Premetto che le sfere in alto in questo motore erano inizialmente 4, considerato che le sfere riempiono la guida come un classico comunissimo cuscinetto a sfere, una era mancante. In verità era invisibilmente incastrata nel foro della vite della lubrificazione, guardando la vite forata da parte a parte effettivamente non passava luce, ne tantomento un ipotetico lubrificante! Con la punta di uno spillo ho provveduto ad espellere verso l’interno della sede la sferetta incastrata; essendo sporca di residui carboniosi l’ho poi aggiunta alle altre da lavare. L’indotto (dove strisciano le spazzole) risultava sporco e rigato. Per migliorare la conducibilità elettrica con le spazzole e l’isolamento tra gli avvolgimenti ho ripassato le tre feritoie presenti con lo stesso spillo di prima, togliendo le scorie depositate (attenzione a non lasciare spigoli vivi). La spazzola di rete metallica è stata lavata con diluente nitro e asciugata con aria compressa, quella in grafite è stata pareggiata semplicemente strisciandola su un foglio di carta. Non necessita intervenire con carta abrasiva. Le parti metalliche arrugginite fuori dagli avvolgimenti sono state ripulite con un miniutensile munito di spazzolina a setole metalliche. Prima di rimontare il motore ho proceduto ingrassando con grasso di vaselina e il solito spillo, le sedi delle sfere. Le sferette vanno reinserite una alla volta con la punto dello spillo bagnata di grasso e tenendo l’alberino in posizione eretta. Aggiungere anche una piccolissima quantità di olio di vaselina, ungendo la punta dello spillo. Una volta reinserite tutte le sfere basta far appoggiare il rotore nella sua sede. Ruotarlo lentamente in entrambe le direzioni guardando che nessuna sfera fuoriesca. Il rotolamento non deve avere inceppamenti o resistenze (ovviamente escludendo la vite senza fine sempre in presa con le ruote). Per la parte sopra il procedimento è il seguente: ungere la sede con grasso, inserire uno spillo nella vite forata in modo tale che nessuna sfera penetri all’interno della vite stessa, posizionare le 5 sfere, reinserire i magneti nel coperchio in plastica facendo molta attenzione affinché nessuna sfera venga attratta a loro, (assicurarsi di posizionare il magnete con il segno di pennarello all’esterno del motore) pulire delicatamente la parte a punta dell’alberino, quella sopra l’indotto, ed assicurarsi che non presenti graffiature, inserire ora il coperchio lentamente, allineando la parte superiore con le sfere già collocate, alla punta dell’albero. Verificare che il grasso non fuoriesca sull’indotto appena pulito, asportare l’eccedenza. Inserire gli incastri dei magneti laterali ai fori rettangolari nella plastica sottostante. Come prima, far fare con le dita qualche giro al rotore in entrambe le direzioni assicurandosi che nulla si sia spostato. Ignorando la resistenza del magnete, ora presente, con il rotore, Il movimento deve essere fluido. Riposizionare le due viti del coperchio, serrarle solo dopo essere certi di aver fatto tutto quanto detto sopra. Reinserire le spazzole: leggendo la scritta RIVAROSSI sul coperchio, quella metallica a destra, quella di grafite a sinistra. Fermarle con le apposite mollette. A questo punto collegare i due fili del trasformatore ai due portaspazzole. Non avvicinarsi al rotore con nessun oggetto, c’è il rischio di interrompere gli avvolgimenti se urtati mentre girano! Trattenere il motore dall’esterno del guscio con le dita di una mano e dare solo la corrente necessaria all’avviamento con l’altra. Dopo pochi giri di assestamento, il motore gira fluido, le scintille quasi scompaiono e il suono prodotto deve essere regolare. In questo caso procedere aumentando la tensione regolarmente fino al massimo, in entrambi i sensi. Se ciò non dovesse essere togliere tensione e verificare i passi precedenti. Richiuso il “cuore” l’intervento è proseguito con il rifacimento del cablaggio: sono stati riposizionati i diodi raddrizzatori mancanti, (purtroppo con diodi comuni non al germanio) per ripristinare l’illuminazione secondo il senso di marcia, sostituiti i rigidi fili rossi unipolari con il suo filo nero originale. Le stagnature sono state tutte rifatte completamente, asportando lo stagno vecchio e i fili ossidati e utilizzando pasta saldante e stagno nuovo, per una perfetta conducibilità elettrica e riduzione di dispersioni.
Ogni saldatura è stata preceduta da prova di continuità con tester e da prova di funzionamento, onde evitare dannosi ripetuti riscaldamenti del metallo a contatto con la plastica del telaio (vedi commutatore rotaia/pantografo, già malfunzionante). Pulire la punta del saldatore ad ogni saldatura e utilizzare la pasta con moderazione, velocizza lo scioglimento dello stagno, che attacca meglio e permette al componente/filo di scaldarsi solo per lo stretto necessario.
La plastica trasparente del telaio, complice il tempo, è fragile; le teste delle viti hanno sbeccato e rotto le sedi per le viti svasate lasciando fori larghi anche 2mm più del necessario. Per riportare al diametro giusto i fori delle viti, che trattengono la piastra della presa di corrente aerea al telaio, ho utilizzato della comune plastica rigida trasparente, reperita dal coperchio di una confezione. Misurata con il calibro e forata con una punta del trapano da 3mm su un’asse di legno l’ho poi sagomata con le forbici direttamente sul telaio. Solo dopo aver verificato il giusto allineamento ho provveduto a cospargere entrambe le superfici di poca colla per plastica. Adagiata sul telaio ho poi favorito l’essicazione con il phon, alla prima velocità per pochi secondi, per poi terminare tenendo premuto il bottone che esclude la resistenza.
Per il commutatore rotaia/linea aerea il problema non è nuovo. La plastica deformandosi si “porta dietro” i ribattini dei contatti, che storcendosi o allentandosi anche solo di pochi decimi di mm non fanno passare più la corrente. Lavorare con il saldatore in questa zona è poco simpatico: basta perdere il controllo della punta per sciogliere irrimediabilmente un pezzo di telaio, o semplicemente tenere la punta pochi secondi più del consentito aspettando che lo stagno sciolga per squagliare la sede. Due rimedi per ripristinare il contatto del commutatore. Il primo è semplice, efficace, non definitivo, non invasivo, non necessita di pericolose saldature: spellare per un centimetro un comune filo da 1mm di sezione, senza attorcigliare i filini di rame. Rimuovere la scocca e infilare il centimetro di fili precedentemente tagliato nei ribattini fissati sulla plastica. Schiacciare i fili sul su entrambi i lati, esterno ed interno, del telaio fino a che non fuoriescano in nessuna delle due direzioni. Abbiamo ottenuto niente di più che un allungamento della superficie del ribattino, colmando quel poco spazio che mancava alla levetta per stabilire il contatto. L’altro rimedio, invasivo, necessita del saldatore. Estrarre il carrello agendo sull’unica vite che lo unisce al telaio, disaccoppiarlo dall’altro togliendo la vite e la staffa nera a due fori. Bagnare con poca pasta per saldare, dalla parte bassa del telaio, la testa del ribattino che guarda l’altro immediatamente vicino, far aderire poco stagno, raffreddare subito anche soffiando. Questa operazione, può far venire meno per dilatazione il contatto tra il ribattino e la piastrina con il filo saldato. Se così fosse (da me lo è stato) ripetere l’operazione dalla parte interna del telaio, bagnando con poca pasta sia la testa del ribattino che la piastrina, far colare poco stagno assicurandosi che non penetri dentro per poi fuoriuscire dall’altra parte sottoforma di goccia, impedendo al selettore di bloccarsi sotto al foro occluso. La prova della continuità elettrica è sempre da fare prima di richiudere la scocca. Facendo il percorso a ritroso dal motore, tenere un filo su di un portaspazzole, con l’altro, dopo aver dato corrente dal trasformatore, passare lungo tutte le giunzioni che si incontrano fino alle ruote: ogni anello della catena è fondamentale, basta che solo uno non funzioni per fermare il locomotore. Non saltare le verifiche solo perché a occhio le saldature sono “messe bene” o il filo non è rotto; Un filo schiacciato, come uno secco o con una curva troppo angolata, può essere interrotto. Diffidare dello stagno opaco e pastoso, rifare la saldatura sarà sicuramente una buona azione. |