Restauro carrozze Rivarossi tipo FS Bz58486, Cz36453, Dz94362

(di Gianluca Cantori)

 

Tutte e tre le carrozze presentavano i più comuni segni del tempo: ruggine sui predellini metallici, sugli anelli dei ganci, sui fondi delle casse, sulle viti. Su di una in particolare, la ruggine dopo aver intaccato il metallo del fondo e le viti dei carrelli, ha tinto anche parte della plastica trasparente interna alla cassa a contatto col fondo, rendendo difficoltosa anche la separazione della cassa dal telaio.

Altro segno del tempo la polvere e le tracce di muffa, diffuse su tutto il corpo dei vagoni, in particolare negli interstizi dei carrelli e dei soffietti.

Per le carrozze passeggeri (Bz e Cz) la cassa si estrae semplicemente sollevandola e separandola dal fondo, è necessario però allentare (senza bisogno di estrarle) le viti dei carrelli; per il postale, (anche se il mio è stato manomesso) le viti dei carrelli sono avvitate al tetto, in una sede di ottone filettata, quindi vanno estratte entrambe per ottenerne la separazione della cassa dal fondo.

A questo punto ho svitato le viti dei carrelli, che tengono uniti contemporaneamente i carrelli e la plastica trasparente al fondo metallico. Fare attenzione alla piccola molla posta tra la testa della vite e l’alloggiamento nel fondo del carrello. A questo punto si svita dall’interno del fondo la piccola vite a taglio che tiene la cassetta nera sul fondo.

Ho quindi proceduto al vero e proprio “lavaggio” con acqua e sapone liquido neutro delle parti in plastica: cassa, vetri, carrelli e ruote, strofinando delicatamente con una spazzolina a setole morbide, attenzione a non utilizzare spazzole a setole dure o a strofinare con troppa energia, onde evitare lo scolorimento della vernice. Ho riscontrato che è migliore il risultato del lavaggio con acqua fredda che con quella calda, quest'ultima lascia tracce bianche anche dopo un'accurata asciugatura (forse il problema è la durezza dell'acqua). Una volta lavati gli oggetti ho provveduto ad asciugarli subito utilizzando semplice carta igienica e aria compressa nei punti inarrivabili, soprattutto nel postale, dove i vetri sono incollati in più punti alla cassa, e staccarli avrebbe comportato la loro rottura.

Le parti in metallo, quindi le viti e i fondi delle casse hanno ricevuto un trattamento diverso: prima ho tolto la ruggine con un miniutensile dotato di dischetto a setole metalliche. Nei punti dove la ruggine ha intaccato di più si è reso necessario anche un dischetto di carta abrasiva fina. L’accessorio a setole metalliche non asporta la brunitura mentre la carta abrasiva si. Ho poi provveduto a sgrassare il tutto con un lavaggio di LisoForm, risciacquo con acqua e asciugatura con aria compressa e carta. Anche un panno in microfibra asciuga molto bene, soprattutto non lascia pelucchi o filacci.

Il metallo se non si protegge tende a rifare la ruggine rapidamente, così ho cosparso le parti metalliche di lucido acrilico in bomboletta, che asciuga in poche decine di minuti, (anche meno se c’è clima secco e un ambiente ventilato). Una volta asciutto, dove il dischetto abrasivo ha asportato anche la brunitura, ho riparato coprendo i vari punti con vernice color grafite. E’ consigliato stenderla con la punta di un dito perché non fa righe. Questa vernice, nonostante la quantità veramente esigua, ha impiegato più di 48 ore ad asciugare, le ultime dodici per giunta davanti al termosifone.

Questo non è un problema: una vernice “vecchia” asciuga più tardi di una nuova, inoltre una vernice che asciuga in più tempo si unisce meglio alla superficie da verniciare, viceversa un’asciugatura frettolosa si può distaccare o crepare con più facilità.

 

Le viti sono da 2,5 x 4 mm, una di esse aveva il filetto completamente spannato nella parte finale e faticava anche ad uscire dalla piastrina dove viene avvitata. Una volta estratta, constato che anche la piastrina non presentava più il filetto, ho proceduto sostituendo la vite con una da 3mm, medesima lunghezza, e rifilettando il foro della piastrina con il maschio da 3mm.

 

Il vagone postale non aveva più le sue viti originali ma due viti da 3,5mm e dadi che univano carrelli e cassa. La larghezza della testa della vite non permetteva nemmeno una normale rotazione del carrello; sono state sostituite con due viti da 3mm e dadi. La funzionalità  era tornata, ma la cassa non era ancorata al telaio con nulla, così, considerata la filettatura del tetto ancora buona e perfettamente utilizzabile ho scelto di compiere una ricostruzione "rivarossiana".

Sarebbero bastate due viti da 2,5mm lunghe 35mm, e la cassa sarebbe stata riavvitata. Purtroppo non è stato possibile reperire dette viti e solo dopo una lunga ricerca ho trovato le più simili al mio bisogno in un negozio di modellismo. Il passo e il diametro andavano bene ma le più lunghe misuravano solo 20mm. L'idea era quella di aggiungere alla vite da 20mm uno spezzone pari alla differenza tra la lunghezza necessaria e i 20mm che avevo già, tranciando un'altra vite e incollandola sulla punta. Ho quindi acquistato un colla bicomponente che potesse incollare il metallo (o che perlomeno promettesse di farlo).
Misurando la lunghezza massima di cui avevo bisogno con uno stuzzicadente, ho annerito la parte dello stesso che mi serviva e l'ho utilizzata come misura.

 

 

A questo punto ho tagliato la vite e, dopo aver miscelato i due componenti della colla in egual misura (con poco catalizzatore la colla non tira mai), ho unito i due pezzi e li ho messi in piedi su un pezzetto di nastro da carrozziere, per farli asciugare. Dopo 10 minuti la colla è già dura ma è necessario lasciarli una giornata intera per poterli "lavorare".
Per la seconda vite il lavoro è identico. Certo, non sono venuti due fusi perfettamente diritti, complice il taglio, però riposizionando i pezzi finché è possibile si ottiene un discreto risultato.

Volendo si possono ora colorare le "nuove" viti.

Si fa presente che la superficie di incollaggio è estremamente esigua, non ci si aspetti una tenuta smisurata della giuntura al serraggio della vite. Una volta richiusa la carrozza, verificata la chiusura della cassa con il telaio e la rotazione libera dei carrelli il lavoro è da considerarsi concluso.


                            

 

Le molle sotto i carrelli, entrambe assenti, sono state costruite da un’altra molla più grande con metallo di sezione molto sottile, ridotta a 3 spire e alloggiata all’interno del foro del carrello.

Il fondo del carrello appariva malamente piegato e i predellini vistosamente obliqui rispetto alla cassa. Ho dotato una piccola morsa da tavola di due “scarpette” in legno e ho provveduto manualmente a raddrizzare per quanto possibile il fondo e a ridurre la piega presente

 

Anche le ruote avevano bisogno di cure, sono state spazzolate dalla classica patina grigio scura che si deposita sulla superficie di rotolamento con l’utensile a setole metalliche. Prima di utilizzare l’utensile utilizzavo un piccolo cacciavite a taglio, l’importante è non utilizzare carta abrasiva, in quanto pulisce all’apparenza la superficie ma lascia dei micro graffi che si riempiono nuovamente di sporcizia.

L’ultimo intervento è stato effettuato su un carrello: le ruote non rimanevano più nella loro sede in quanto le boccole si sono storte divaricandosi. Ho sistemato il carrello nella morsa precedentemente munita di scarpette, questa volta di cartoncino, ho poi chiuso la morsa fino al riallineamento delle boccole e ho scaldato ad una distanza di 20 centimetri con un phon alla prima velocità il carrello, avendo cura di girare in tondo, per scaldare uniformemente il corpo del carrello senza provocare scioglimenti o deformazioni. Il risultato è pienamente raggiunto.

Il carrello va estratto dalla morsa dopo essersi raffreddato completamente.

 

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