Paolo Lavarda: dieci anni in Lima
Parte Prima 1 - Ecco il mio primo contributo come aneddoto, forse neanche chi ha lavorato in Lima conosce questo aneddoto mio personale. Nel 1946 Lima veniva creata e la prima fabbrica si trovava, se non erro, in via X Martiri a Vicenza. Essendo io stato assunto nel 1972 a 17 anni, come segretario del dottor Poggi, direttore amministrativo, e socio della Lima stessa, avevo accesso ai vari libri matricola ed altro. Qui scopersi, con grande sorpresa, che il numero uno nei libri matricola, ma non più dipendente, era stato il mio futuro suocero, Munaro Luigi. Infatti era stato assunto dalla Lima al momento che fu fatto l’acquisto di una macchina per pressofusione usata, per la produzione di giocattoli in metallo come cucinette ed altro, e l'operaio addetto aveva seguito il destino della macchina trasferendosi in Lima. Il sottoscritto invece era stato iscritto nel libro matricola impiegati al numero 101, con mansione di stenodattilografo, praticamente il segretario del dottor Roberto Poggi. Cavolo, Costa mi aveva fregato il numero 100 ed era stato assunto lo stesso giorno mio.
2 - Era iniziato il 1972 e da lì a poco avrei dovuto entrare nel mondo del lavoro, non avevo alcuna idea di come fare e mio papà, operaio, non di certo aveva le conoscenze giuste per farmi entrare nel rutilante mondo impiegatizio. Il primo colloquio l’ho avuto tramite il Sindaco, che, mio insegnante, di sua iniziativa mi propose al suo ufficio personale per vedere cosa fare di me. Ma ahimè non avevo ancora 18 anni, anzi non ancora 17 e a malincuore dovetti rinunciare al posto fisso in Comune. Alla fine della scuola non mi restava che giocare la carta del prete insegnante di religione, che anche lui, mi aveva detto di andarlo a trovare che mi avrebbe aiutato. Fece 3 telefonate, alla Star, all’oreficeria Fibo, e alla Lima. Visti i miei voti, e soprattutto visto che era la telefonata del Segretario del Vescovo, non dissero di no e andai ai colloqui. Chiaramente scelsi Lima per la vicinanza a casa, potevo alzarmi alle 7,30 per essere al lavoro per le 7,50. Incontrai il mitico dott. Roberto Poggi di cui tanto avevo sentito parlare da mia madre, in quanto sartina negli anni fine 40 inizi 50, vedeva questo elegantissimo e sicuramente bell’uomo, frequentare la sartoria dove lavorava. In verità io ero stato anche in classe alle elementari con il figlio Marco. Essendoci trasferiti dalla immediata periferia al centro di Vicenza, avevo iniziato da 3 mesi la prima elementare e fui inserito nella classe 1^ A dove appunto c’era anche il figlio del dottor Poggi assieme a tutti i rampolli della Vicenza che conta. Evidentemente c’ero finito per sbaglio in quella classe, forse ingannati dal mio cognome che poteva presagire l’appartenenza ad una famiglia più facoltosa. Ed infatti l’anno successivo, nonostante tutti 10 in pagella, mi ritrovai in un’altra classe, più consona alla mia classe sociale e in una sede staccata. Direttore amministrativo e socio di minoranza il dott, Poggi mi assunse come stenodattilografo e suo segretario. “Nulla sfugge a questa amministrazione”, questo era il motto del baffuto dott. Poggi, ed era vero!!! Persona integerrima, portamento ed eleganza da incutere timore in un giovincello come me, ma anche paterno, comprensivo e “scanzonatore”, come si addiceva anche alle sue origini meridionali! Ovviamente il mio soprannome nei primi mesi di lavoro fu “el fiolo del prete” (il figlio del prete), in modo da distinguermi da altri tipi di figli di padre più o meno nominato. Purtroppo ai primi del 1973 si ammalò e ci lasciò nel giro di pochissimi mesi. Così venne a mancare una guida, a mio parere, fondamentale, che probabilmente avrebbe anche saputo guidare bene la barca nei difficili anni 80.
3 - Adesso entrate alla Lima con me: quando ho cominciato io a lavorarci l’ingresso era quello nuovo in Via Imperiali 77 e non più in Via Massaria. Si saliva una piccola, larga scalinata e si entrava da una ampia porta in legno e vetri. Quello che notavi subito, era il pavimento di marmo rosso, con enormi ammoniti che ripetevano il loro motivo soprattutto sugli ampi gradini della scala a chiocciola che portava ai piani superiori. La via d’accesso era quasi sbarrata dalla scrivania del maresciallo Giulio D’Accordi, parente della signora Bisazza, non so in che grado di parentela. Naturalmente era “il Maresciallo”, nulla e nessuno passava se non era stato adeguatamente vagliato dal suo occhio. Chi fosse di lì entrato come fornitore, sa bene che la saletta dietro alle scale era adibita ad attesa e ai colloqui con quei fornitori che non avevano accesso agli uffici. La scala a chiocciola, imponente (così mi sembrava allora) e che mi ritorna ancora in mente nelle mie meditazioni quotidiane per creare profondità, portava di sopra agli uffici, un enorme corridoio, praticamente parallelo a via Massaria e in ordine aveva l’ufficio commerciale sia estero che Italia, con a fianco l’ufficio amministrativo dove trovai i miei primi colleghi: Gianna Nicoletti colonna storica e braccio destro del dott. Poggi, Orazio Pigato ufficio del personale, Annalisa amministrazione estero. Ometto volutamente i cognomi delle persone ancora tra noi, agli altri un caro ricordo. Più avanti il centralino dove era impossibile non notare Laura! Lingua svelta soprattutto a placare battute maschili e maschiliste! In fondo al corridoio il centro elaborazione dati, una cosa fantasmagorica a quei tempi che forse raggiungeva qualche decina di kilobytes di elaborazione dati con lettori di schede perforate e relative signorine che perforavano le schede: Anna, Giovanna, Carla, Sandra tutte regolarmente con camice bianco ma, intriganti in quei camici! (Ripeto state tutto vedendo con gli occhi di un 17enne). Giù dalle scale, e praticamente sotto agli uffici amministrativi, l’ufficio progettazione e disegnatori con accanto l’officina stampi. Non c’era ancora il computer e tutto veniva disegnato al tavolo con pantografo. E anche in officina tutto tornio, pantografo, fresa ecc. anche l’elettroerosione era forse ancora agli albori.
4 - Montagne di carte e fumo, quello era l’ufficio di Dante Mainardi, direttore tecnico (ancora vivo e vegeto), quando non c’era fumo voleva dire che stava tentando di smettere di fumare, allora la scrivania era piena di buste e stick di caramelle e non saprei dire se il fisico potesse essere stato sottoposto più a stress dalle sigarette o dalla montagna di caramelle sostitutive. Dante era il centro di tutto, il deus ex machina da quando veniva deciso l’articolo da fare, a quando il prodotto usciva in commercio, progettazione, realizzazione stampi, rapporti con i fornitori di materie prime e lavoranti esterni, direzione della produzione. Persona corretta, signore, come del resto la maggior parte degli anziani della Lima, con loro non si imparava solo a lavorare, si imparava a stare al mondo in modo corretto, senza sgomitare. Abitava nella mia stessa via e qualche volta approfittavo di un passaggio sulla sua 131 grigio metallizzato. A fianco del suo ufficio c’era la porta che ti immetteva nella realtà produttiva. Per prima la sala macchine, con varie presse ad iniezione per stampaggio materie plastiche di svariati tonnellaggi, dalle 30 ton alle 200 ton se non ricordo male, e alcune presse verticali per lo stampaggio ad inserto dei binari. Penso che molte industrie vicentine, produttrici di macchine per lo stampaggio, debbano le loro fortune alla Lima e ai suoi acquisti. Qui il sig, Giorgio Michelotto, sempre in camice grigio scuro, dirigeva il reparto sotto la guida di Dante Mainardi. Generalmente lo stampaggio di carrozzerie di locomotori e vagoni erano fatte ad una sola impronta, mentre gli accessori e i particolari più piccoli potevano essere, ma anche no, a più impronte. I materiali allora impiegati erano in prevalenza il polistirolo antiurto e cristallo, o l’ABS per le carrozzerie e i vetrini, il Nylon ignifugo per i trasformatori e polipropilene o polietilene per particolari che richiedevano una elasticità e resistenza maggiore. Per un diciassettenne lo stampaggio era poco interessante, le signore erano di una certa età, magari erano vecchie di 35 anni (ah ah ah!!), e gli uomini per lo più erano anziani e di modi rudi! Pertanto velocemente si passava al magazzino materie prime e semilavorati, dove il sig. Dal Lago dirigeva con cipiglio e senza compromessi. Se erano rudi gli uomini della sala macchine, non ho aggettivi per quelli del magazzino, che davano il meglio di loro in occasione del passaggio di qualche bella ragazza, soprattutto di quelle del centro meccanografico. Con il montacarichi si accedeva alla sala montaggio, dove venivi accolto dal signor Maistrello e dai vice Mariotto e Aldo Marcolongo (tuttora ottimo amico). L’imbarazzo di dover affrontare 200 donne che ti avrebbero squadrato, misurato, pesato, stimato, spolpato e chissà quante altre fantasie mi facevo dentro la mia testa sui loro pensieri, era totale, non potevo non arrossire. Ero veramente un pivello e non seppi mai approfittare della mia posizione, tanto, me lo dissero poi, io per loro ero solo “il ragazzo da sposare”, non per divertirsi!!! Cavoli ora userebbero sfigato!!!
5 - Donna, che io vedevo ormai vecchia, avrà avuto forse 50 anni ma anche no, Gianna Nicoletti era il braccio destro del dottor Poggi. Era la responsabile della contabilità e la sua sapienza in problemi di conti e bilanci era assoluta. Aveva un incedere molto strano, quasi sfiancato, però era un suo vezzo, con sempre la cicca in mano fumante, le gonne di flanella, il tutto contribuiva a renderla simpaticamente buffa ai miei occhi abituato alle minigonne e hotpants di quegli anni. Perché vi racconto di Gianna, non tanto per le sue capacità professionali ma, per l'episodio che ha contraddistinto il primo anno di mia permanenza in Lima. Gianna, in gioventù, aveva vissuto con i genitori in Romania in quanto avevano a Bucarest la rappresentanza della Martini e Rossi. Qui, sicuramente bella donna, aveva conosciuto il suo futuro marito, centrocampista della Nazionale rumena. Giugiu (così lo chiamava lei) Cristoloveanu. Ho fatto ricerche su vari siti ma, non ho trovato conferma, forse il cognome non è esatto, ma a suo tempo vedemmo foto di formazioni con lui dentro. Nel 1948, Ceasescu nazionalizzò tutte le ditte straniere comprese Martini e Rossi, e gli stranieri furono costretti ad abbandonare la Romania. Giugiu rimase in Romania e di fatto si creò la divisione tra i due. Da un po' che ero lì, cominciarono telefonate strane verso mezzogiorno in una lingua latina e in maniera melensa. Era Gianna che telefonava al suo Giugiu, ma per organizzare la fuga dalla Romania. Contatti con personaggi strani, patteggiamento di varie migliaia di dollari per la fuga, ed infine una notte all'interno di un bagagliaio Giugiu varco' il confine rumeno e gli altri confini della Cortina di ferro per giungere in italia. Continuarono la loro vita insieme in Italia fino a che tutti e due non lasciarono questo mondo.
6 - Nel 1973 entra in vigore l’Iva e si abbandona l’IGE. Dopo un anno di utilizzo delle vecchie macchine fatturatrici dell’Olivetti tipo Audit, alla fine del 1973, con l’arrivo del nuovo capo centro meccanografico, Walter Giacomuzzo (vivo e vegeto), arriva anche un nuovo elaboratore dati Honeywell megagalattico con dischi intercambiabili forse da qualche mega! Le attuali carte SIM del cellulare sono da circa 0,5 Mega!! Mi venne affidata l’organizzazione del passaggio al CED delle scritture IVA con redazione delle procedure da seguire. Devo essermela cavata bene, in quanto da lì a breve, anche dopo visita da parte dei funzionari dell’ufficio IVA che dissero che in nessuna azienda visitata avevano trovato una simile organizzazione, venni trasferito all’ufficio del Signor Silvio Conti, a capo dello stabilimento di Isola Vicentina, responsabile della programmazione della produzione, nell’aspetto del lancio della produzione, testando le necessità del mercato, responsabile del calcolo dei costi aziendali. Ecco questo era il mio nuovo lavoro da imparare, pensai che era stata veramente una promozione! Silvio Conti, mio maestro, uomo di una umanità e simpatia fuori dal comune. Non si poneva mai come capo e non mi trattava da sottoposto, mi insegnava la collaborazione, per lui non ero Paolino ma Paoletto, l’unico che mi chiamasse così. Sempre nella mia vita lavorativa mi sono ispirato a questi insegnamenti e spero che i miei successivi collaboratori e dipendenti lo possano un giorno testimoniare anche se ne sono certo per le esperienze umane che ho vissuto giorno per giorno con tutti loro e per il contatto continuo anche dopo anni che ho terminato il mio lavoro. Silvio, ex calciatore, portiere del Lanerossi Vicenza, era impiegato di 1 livello, non aveva mai accettato di passare dirigente, non ne conosco il motivo. Se si guarda nelle varie testimonianze su Lima, vengono sempre riportate le sue parole e quelle di Dante Mainardi. Assieme a Dante, era l’altra colonna storica rimasta, per quanto i cataloghi scrivano delle cose, ricordo a tutti che sono scritti commerciali, non bugie ma, frasi atte a creare storia che possa avere dei personaggi simpatici. Da quel momento comincia la mia vita lavorativa sempre più a contatto con la dirigenza in particolare con Silvio, Dante e i signori Bisazza. Silvio è morto qualche anno fa più che novantenne. Al suo funerale l’ho ringraziarlo per quello che mi aveva trasmesso, in particolare per avermi fatto venire la voglia del lunedì, per amare e apprezzare il lavoro che facevo e per essere fedele e innamorato dell’azienda in cui lavoravo.
7 - Il nuovo ufficio era “per soli uomini”! Silvio, io e Marino. Marino esperto fotografo, audiofilo, marito invidiato della bellissima Edy dell’ufficio commerciale Italia, a lui erano affidate le realizzazioni delle scatole, e dei cataloghi e tutto quello che riguardava la pubblicità. In seguito all’ampliamento degli uffici trovò posto con noi anche Giuseppe, tecnico piccione viaggiatore, interfaccia con tanti fermodellisti e con il mondo delle fiere. Punto di raccordo tra il tecnico e il commerciale, conosciutissimo nel mondo fermodellistico. Saremmo stati ore ad ascoltare i suoi racconti di viaggio, gli aneddoti di fiere ed altro, che non si dica che gli uomini non sono pettegoli, cxxxo come ci siamo divertiti alla facciaccia dei corni degli altri!! Assieme abbiamo vissuto una importante avventura lavorativa per Lima all’estero, tema di altro capitolo. Più tardi si aggiunse anche Enrico (3), grafico con i baffi e controbaffi che affiancherà Marino sempre più indaffarato a seguire altre cose, anche personali per i Bisazza, per fotografie, cavalli, barche! Divenni anche io un po’ piccione viaggiatore, punto di collegamento tra lo stabilimento e la direzione di Vicenza e lo sterminato stabilimento di Isola Vicentina.
8 - Eccomi qua ad entrare nello stabilimento di Isola Vicentina e vi condurrò per mano. Isola Vicentina, paese di passaggio sulla strada che porta a Schio e verso il Pasubio, aveva due realtà produttive importanti, praticamente chi non lavorava alla filatura HF lavorava alla Lima. Nessuna famiglia non era interessata da queste due realtà. Prima del centro del paese, si girava verso destra, sulla strada di Villaverla e avanti circa un chilometro c’era una cancellata, in verità anche piccola, che avresti anche potuto passar via, rispetto alla grandiosità dello stabilimento. Sulla destra la casa dei custodi, i Casara, una grande famiglia con tante sorelle e un fratello, sempre allegre e ancora tanto amiche, praticamente tutte lavoravano in Lima! Stefania ha fatto anche la centralinista, dove indispensabili sono doti di spigliatezza e prontezza, appunto! Davanti una porticina e il portone del magazzino semilavorati. Praticamente le parti stampate a Vicenza giungevano qui con più camion al giorno, i semilavorati venivano scaricati qui, nel regno di Valeriano con l’aiuto Fernando, con il suo sorriso e l’incedere caratteristico, mentre i prodotti pronti per il confezionamento venivano portati più avanti, al centro dello stabilimento, dove c’era un altro magazzino, condotto da Ezio Trentin, pelato come me adesso! Ezio era marito della mia maestra di doposcuola alle elementari, mitica quella volta che dovette pulirmi i pantaloni perché mi inginocchiai nel parco dietro la scuola, ma su quell’erba prima era passato un cane!
9 - In Lima si entrava e per prima cosa trovavi Carla, centralinista e aiutante di Orazio Pigato dell’ufficio personale, distaccata a Isola. Il suo sorriso è sempre vivo in me come i suoi racconti del mitico Pierre, suo storico fidanzato e spero se lo sia anche sposato!! Due ufficetti insulsi, con quasi mai nessuno dentro, uno per Silvio e l’altro per riunioni quando venivano “i paroni”. In fondo la porta a vetri che immetteva allo stabilimento. La aprivi e cambiavano suoni e odori. Le macchine per tampografia, quelle per serigrafia, e le OMSO a nastro, con scariche d’aria per i movimenti pneumatici, e con gli odori di vernice. Regno femminile, con tante postazioni e tanti pannelli che si infilavano su carrelli pieni di carrozzerie già decorate. Uno di questi pannelli è rimasto famoso, se lo trovassi ancora lo incornicerei! C’era scritto “Paolino ti amo” e so anche chi l’aveva scritto, ma io ero fidanzatissimo e piuttosto ligio a tutti i doveri!! Ecco dicevo, dovevi passare in mezzo a tutte quelle donne, quasi tutte della mia età se non anche più giovani e far finta di non essere intimorito, e loro lo sapevano, lo sapevano!! Alcune di queste le ho incontrate in altre esperienze mie lavorative e siamo ancora in buoni rapporti amichevoli. Vicino il reparto verniciatura, allora di solo appannaggio maschile, pistole, maschere e latte! Sì perché chi lavorava con le vernici aveva, per contratto, diritto ad un litro di latte al giorno, come disintossicante…… (Isola Vicentina è grande….continua)
10 - Si passava per il magazzino semilavorati, accennato prima, poca luce, cosa che non mancava quando si sbucava nel reparto confezionamento, praticamente al centro dello stabilimento. Qui si raccordavano tutte le vie di arrivo delle varie merci, organizzazione perfetta! Il baffuto Bruno era a capo del reparto, uomo affabile, grande camminatore, sempre pronto alla presa in giro, ma attento a condurre le sue donne senza risparmiarsi fatiche di magazzinaggio. Anche il sornione Luigi collaborava con Bruno. Anche qui le belle donne non mancavano, Isola Vicentina era una fucina di belle ragazze e c’erano anche quelle che, per doti lavorative e non per altro, ho avuto possibilità di conoscere maggiormente. Amica e lo è ancora, Maria, bellissima ragazza, con qualche fratello di troppo dentro Lima! Persona che si fece valere professionalmente tanto da divenire impiegata al centralino quando Carla lasciò. Per gioco del fato, dopo la vendita dello stabilimento di Vicenza e alla successiva fine della Lima, trasferitasi a Vicenza, Maria lavora ancora, per altre realtà, nei vecchi uffici della Lima in Via Imperiali 77 e si siede sulla vecchia scrivania del Maresciallo, tra le ammoniti rosse come i suoi capelli! Il confezionamento avveniva su 5/6 linee. Partiva la scatola in espanso su di un nastro trasportatore lungo il quale erano sedute, con a fianco le casse dei locomotori, vagoni e quant’altro, un numero variabile di ragazze che aggiungevano, sull’impronta corrispondente, il materiale controllando anche non presentasse qualche difetto, in fondo, il coperchio e l’imballatore chiudeva i cartoni.
11 - Da lì al magazzino prodotti finiti con il reparto spedizioni. Quando arrivai io, si stava ampliando lo stabilimento di Isola Vicentina per portarlo alle dimensioni massime, con tanto di magazzino moderno con traslatore con operatore a bordo, una rivoluzione! A Isola si girava in bicicletta, per la sua grandezza e anche per non perdere tempo. Qui chi comandava era il rag. Angelo Spiller, il più anziano in Lima. Il buon umore, i suoi occhi azzurro chiaro che, ogni volta che ti guardavano, erano come una ecografia. Disponibilità anche quando mi accoglieva nella sua casa sull’altopiano di Asiago, vicino al grande focolare della cucina. La sua casa era, nei primi anni della Lima, meta di cene, anche con i signori Bisazza, per le grandi capacità culinarie di sua moglie Pierina! Angelo era uomo integerrimo, tanto da denunciare dei traffici poco chiari nella costruzione dello stabilimento. Dapprima tanti complimenti e ringraziamenti, poi tutto come al solito, in una bolla di sapone e non aggiungo altro se non che, nessuna delle persone finora nominate c’entra con questo episodio! Era noto che, Angelin del Maestro, questo era il suo nome in altopiano, durante la pausa pranzo e l’ho visto personalmente, raddrizzasse i chiodi dei bancali rotti per poterli riutilizzare, uomini di altri tempi e di altri valori! Tra i collaboratori un ruolo importante spettava a Enrico, pupillo di Angelo come lo ero io per Silvio, le nuove generazioni che avanzavano. Enrico sicuramente molto più sgamato di me e per niente timoroso. Conserviamo ancora una buona amicizia, basta non parlare di politica!
12 - Dall’altra parte della fabbrica c’era l’antro dell’inferno: il reparto espanso. A fianco del reparto confezionamento, attraverso il magazzino espanso, si entrava nel reparto di Lino. Lui aveva costruito quelle macchine infernali per costruire i fondi delle scatole in espanso dei trenini. Caldo, vapore, macchine che sbuffavano, stampi che si chiudevano e riaprivano vomitando parallelepipedi bianchi con nicchie che avrebbero accolto vagoni, locomotori e binari, questo era ciò che si presentava ai miei occhi. Lino, era fratello del testimone di nozze dei miei e nonché, mi sembra, mio padrino di battesimo. Era originario dello stesso rione di Vicenza di mio padre e pertanto non ebbi difficoltà a instaurare il rapporto con lui. Credo che anche lì fossimo agli albori di questa nuova tecnologia e che in parte fosse stata sviluppata alla Lima. Praticamente, attraverso l’inserimento in macchina di polistirolo in granuli, con l’aggiunta di polvere espandente (non chiedetemi il composto chimico ma, dentro i sacchi di prodotto stampato l’odore di ammoniaca era evidente), riscaldando fino ad una certa temperatura vicina alla fusione, si ottenevano quei pallini tipici del polistirolo espanso che, rimanendo compressi all’interno dello stampo, rimanevano incollati l’uno all’altro costruendo le scatole o altri oggetti leggerissimi. Il bello veniva quando uscivi dalla porta che dava verso la campagna; una piscina piena di acqua fumante fino a creare nebbia in Valpadana nei mesi invernali, la vasca olimpionica di raffreddamento! Poi c’erano i battitori liberi, addetti alla manutenzione e all’officina come Gennaro, o costruttori di plastici e realizzatori di fantasie onirico/ferroviarie come Francesco. Gente che con le mani sapevano far tutto, io solo a battere sulle tastiere! Paolo Lavarda Le immagini sono tratte dal libro di Leone Neri "Lima il treno nasce così" edito da Lima SpA senza data ma databile al 1968 |