Paolo Lavarda: dieci anni in Lima
Parte Seconda
13 - A Isola Vicentina, dovete sapere, che per uno di città doc come me, la cosa più difficile era capire quando ti parlavano. Anch’io parlo normalmente in dialetto veneto, ma la cadenza è completamente diversa. A Isola hanno una cantilena , tipica del nord vicentino, che riesce a trasformare una frase affermativa in una interrogativa! Da qui si aggiungevano altri imbarazzi di ragazzo imbranato con le donne quando qualcuna ti rivolgeva la parola! Comunque io ci scherzo sopra, ma quante amicizie a Isola Vicentina e quante mangiate alla trattoria Belvedere a fianco, credo che all’epoca si spendesse qualche 500 lire o giù di lì per un pasto. E poi Alla Pesa a giocare biliardo fino all’1,30. Una volta avevo Ezio al mio fianco in auto e non aveva chiuso bene la portiera della mia 850, facendo la curva, se non lo prendo per la giacca mi finisce in mezzo alla strada, altri tempi, altre portiere, nessuna cintura! Il bello di andare a Isola Vicentina era anche poter usufruire delle auto di servizio, non c’erano ancora gli autovelox, e poi eri sempre una macchina della Lima! Le nuove 127, una 1050 potentissima, fischiava le ruote in accelerazione che era un piacere. Anche la 903cc non era male. Ti andava male se dovevi prendere su il carrettone della Opel rekord diesel, che a malapena riusciva in autostrada a raggiungere i 120 ma lanciata, tanto lanciata!! Però riuscivo a far fischiare le ruote anche a quella, il massimo era se, per mancanza di altri mezzi o perchè dovevi trasportare qualche ospite, potevi prendere la 132. Che macchina , che ripresa!!! Ovvio le auto dei Bisazza erano ben altra cosa! Anche una delle prime Audi Quattro da rally, bianca con i cerchi disegnati sulla fiancata, una volta ho guidato anche quella, ma avevo il boss a fianco, niente sgommate!! L’auto alla quale il Presidente rimase sempre affezionato fu la FIAT 130 berlina che rimpianse lui e anche la signora Fanny quando passarono alla Mercedes 450, non c’era confronto!
14 - Le macchine la mia passione, ma non quelle con 4 ruote!! Le macchine calcolatrici. Quando sono entrato in Lima, all’ufficio amministrazione, c’erano ancora le Divisumma della Olivetti, macchine da 20 kg, dove dovevi impostare le cifre un tasto alla volta, non potevi in contemporanea o meglio, con qualche centesimo di secondo di differenza, premere due tasti, il meccanismo non te l’avrebbe permesso! Pertanto fare le somme, delle varie quadrature IVA, era lungo e noioso e soprattutto non musicale!! E sì perché con l’avvento delle nuove Logos, prima quelle a parallelepipedo, per arrivare a quelle tetragonali spaziali tipo Logos 75, la musica cambia!! Con le Logos a parallelepipedo eravamo agli albori del calcolo musicale, per dire veniva daddio un Smoke on the water, ma non potevi andar oltre, non eravamo ancora al massimo. Con il mio passaggio alle nuove mansioni, i capi avevano capito questa mia attitudine alla velocità sui tasti senza guardare e durante i meeting con gli agenti stranieri per la creazione delle nuove collezioni, il mio compito era il calcolo dei prezzi delle composizioni dei convogli che si creavano. E lì andava in scena il mio show, tra l’ammirazione degli astanti per questo ragazzino che batteva tasti senza guardare e senza errori. Evvai con Speedy king, Highway Star, Child in time (assolo di chitarra)…. 120 bpm!! Deep purple a manetta!!! Non ebbi la gioia, se non quella di toccarla, di avere come mia compagna di lavoro la Divisumma 18, prima calcolatrice portatile scrivente, con tasti in gomma, esposta al MOMA di New York, un vero gioiello in tutti i sensi, era troppo costosa per il ragazzino. Ed infatti solo Paolo Bisazza la possedeva, ma ebbe vita breve nelle manone di Paolo. Durante una riunione a cui partecipavo, Paolo si incazzò così tanto (non con me ma, la paura del momento c’era) che scaraventò la povera malcapitata sul tavolo, che con un rantolo, durato qualche secondo, spirò, non prima di aver dimostrato la sua robustezza, creando uno squarcio, da cima a fondo, sul vetro del tavolo riunioni da 20 persone! Povera, come vedete la ricordo meglio di tanti umani, soprattutto per non averle dedicato tanta musica dalle mie dita!!
15 - A causa o per merito del mio lavoro, avevo contatti con quasi tutti gli uffici e reparti della Lima. Essere quello che lanciava la produzione guardando i fabbisogni, gli ordini, le scorte presenti, mi metteva in contatto con i reparti produttivi e i reparti commerciali, il CED per le elaborazioni dei dati, uffici tecnici per le novità da programmare e inserire. Tabulati interminabili di referenze, dalle confezioni dei treni, alle varie parti scomposte dalla distinta base, fino ai semilavorati e alle materie prime, venivano quindicinalmente analizzate e ragionate, confrontate con i responsabili degli uffici. Poi redigevo la mia nota di lancio, la passavo al CED che esplodeva tutti i componenti in modo che, chi di competenza, controllate le giacenze e gli ordini già in corso, potesse emettere i vari ordini ai fornitori. Era un lavoro in continuo sviluppo e affinamento grazie ai calcolatori sempre più sofisticati che il mercato metteva a disposizione e alla abilità di programmatore di Walter. Con Walter collaboravo alla analisi dei vari processi e delle varie esigenze dei vari reparti e uffici in modo da implementare sempre nuove funzionalità che potessero essere utili ad aumentare il controllo e a facilitare il lavoro. Si cominciava a capire che il cuore pulsante di un’azienda sarebbe divenuto il CED. Cominciavano ad arrivare i primi terminali e i lavori di input venivano svolti direttamente dalla scrivania dell’ufficio e non più trasmessi cartacei alle perforatrici al CED. Era l’inizio di una rivoluzione ma, l’inizio anche di altri problemi, una massa di dati che non tutti capivano e il personale cominciava ad essere troppo e poco impegnato!
16 - Nell’ufficio commerciale Italia, dopo che la bella Edy se ne andò, tutto cambiò, diventò l’ufficio più triste della Lima, nel senso che nessuno andava dentro a fare battute o quattro chiacchiere. Non che mancassero le belle donne, al contrario, ne sfilavano continuamente di nuove e bellissime. Ma non erano “delle nostre”, troppo raffinate, troppo “alte”. L’unico maschio dell’ufficio, Giuseppe, schivo e riservato, percorreva una continua involuzione verso l’impotenza di fronte allo strapotere, esercitato verso le alte sfere, da queste donne ( capisci ammè). Uno dei motivi di contatto con questo ufficio era la realizzazione del listino prezzi Italia al pubblico. I primi anni portavo i costi e dovevo attendere sempre fino all’ultimo minuto, prima di andare in stampa, per avere indietro il listino con i prezzi fissati dal direttore. Negli anni successivi, vista l’esperienza, preparavo io direttamente il listino, lo sottoponevo con una leccata all’orgoglio direzionale dicendo, mi sono permesso di facilitarle il compito, può controllare? Dopo un attento esame, di un paio di secondi, per le migliaia di referenze, il direttore asseriva: no questo prezzo è quello di ingresso dei vagoni, lo riduciamo di 50 lire. Ci vuole esperienza e competenza su queste cose Paolino! Poi poteva tranquillamente ritornare a leggere Penthouse!
17 - Dove si andava volentieri era l’Ufficio estero, condotto con la sensibilità umana che ne contraddistingue la vita, da Milvia. Lì si lavorava tanto ma, sereni. Era luogo dove potevi crescere professionalmente e anche umanamente e i colleghi di lavoro erano quelli che a livello amicizia davano di più! Milvia ritornò in Lima che io ero già arrivato, aveva già fatto altri anni prima. Ritornò praticamente a legarsi indissolubilmente con il marchio, anche con i lavori futuri dopo la fine della Lima. Tanti i ricordi di persone: Corrado, mezzo parente dei Bisazza, romano. Viveva praticamente in un seminterrato vicino alla Lima, cordiale come tutti i romani ma, stressato come tutti i romani, soprattutto dal contatto diretto con Paolo. Un giorno per una incazzatura si diede tanti di quei pugni su di un ginocchio che per giorni non riuscì a camminare, erano i tempi di Arancia Meccanica, io sarei stato più attento a farlo incazzare!! Gianfranco dalla Sardegna, sornione, sempre col sorriso sotto i baffi di chi ne sta combinando una! Giovanni, nel posto dove nessuno avrebbe mai voluto essere. Segretario , anche se il termine non è esatto, di Paolo, per i cavalli, le barche, le macchine fotografiche, i fucili. Arrivava a dover scandagliare a fondo le guide alpinistiche Touring/Cai del Berti per dare i nomi ai cavalli che nascevano. La lettera designava l’anno di nascita. Ricordo un anno che toccava alla lettera S e la scelta, per quella femmina baia, cadde su Somadida, sotto il Corno del Doge, bosco dove io andavo molto spesso nelle vacanze estive. Il sorriso di Ercoliano con la sua parlata veneziana che però ci ha lasciato troppo, troppo presto, lasciando un vuoto in tutti noi, la malattia se l’è portato via a poco più di 30 anni. Era impossibile non ridere con lui, già il dialetto veneziano è impostato sulla presa in giro, lui poi…...ciao! E le donne, Licia, amica già da scuola, precisa collaboratrice di Milvia che la volle con sè anche quando Lima terminò di esistere e questo la dice tutta. Licia donna libertaria, come si confaceva per quegli anni 70 di rivoluzione femminile! L'esotica Vania, somala, figlia di un italiano in Somalia e della sorella del re di Somalia, così almeno raccontava, controllata a vista dalla mia futura moglie, capisci amme'. Francesca, timida e riservata ma impossibile non notarla! Giovanna, anche lei sempre pronta a colpire con le sue frecciatine. Lorena dalla quale era impossibile togliere il sorriso e la voglia di vivere! Il giovane Donato detto Ciccio el slinguazzon, più sgamato di tanti altri, ma un gusto stare e ironizzare assieme a lui. Annalisa, avrebbe potuto essere una capace manager amministrativa colma di simpatia. Mi ricordo che quando ci fu il terremoto del Friuli, lei non chiudeva più la porta del bagno...io la aprii! Poi anche qualche superf.. mezza parente dei Bisazza ma il livello di conversazione massimo a cui potevi aspirare era: “ cosa ne pensi della moda del giallo di quest’anno?”
18 - Anche a me toccò fare il Giovanni di turno. Ero impegnato in un lavoro (di cui parlerò più avanti) in Austria e una volta, Paolo mi mandò a deviare fino a Vienna per procurargli un super cannocchiale per la caccia. Arrivai in un centro commerciale con centinaia di negozi e andai a presentare le mie credenziali in un negozio di armeria. Mi fu consegnato il binocolo con la prova di alcuni bersagli colpiti da 400 metri. Non vi dico la strizza per ritornare a casa e dover passare la frontiera, non c’era ancora la libera circolazione delle merci, non avevo alcun documento di trasporto, in più avevo uno strumento di altissima precisione che mi sa che di caccia aveva poco, ed erano anni di terrorismo! Ce la feci. In carrozza letto, per fortuna, non venivano neanche a chiederti i documenti, li consegnavi al capotreno, chiudevi la tua cabina, e solitamente problemi non ce n’erano. Ricordo anche il mio primo viaggio in aereo, sempre per Vienna, con a fianco Paolo. Chiaramente la paura c’era, e Paolo la vide. Lui si fece il segno della croce quando l’aereo si mise a rullare e mi chiese: “ma tu non fai il segno della croce, non credi?” io risposi:” Non credo sia il caso di chiamare in causa Nostro Signore per queste piccole paure umane” e lui: “vedi io vado a Messa tutte le domeniche alle 6 di mattina e ti assicuro che quando sono lì in chiesa mi sento uguale agli altri”, quando si dice avere una buona autostima!
19 - Le riunioni con i rappresentanti esteri erano assieme alle Fiere uno dei clou della stagione. Li si definivano le nuove confezioni di trenini da mettere sul mercato l’anno successivo, le novità da fare per gli anni a venire. Arrivavano da tutto il mondo: Brehm dalla Germania, Reist dalla Svizzera, De Vries dall’Olanda, Peter e David (soprannominato in ufficio Cicciobello) dalla Gran Bretagna, Auro’ Ferrer dalla Spagna, Bertin in Francia, Benoidt in Belgio, Feldman dal Sud Africa e tanti altri che non ricordo. Quel poco di Inglese e francese scolastico che masticavo, li ho un po’ curati con quelle riunioni, tanto da permettermi adesso, di girare in vari paesi senza morir di fame o non trovare un posto in albergo. Dello spagnolo, così simile al veneto , le cose che avevo imparato fondamentalmente erano solo due: nel fare le nuove confezioni non dire la loco la metto qui, in spagnolo loco ha un altro significato e finchè mangi non chiedere allo spagnolo: passami il burro, anche questo ha un altro significato, per il resto parla in dialetto che va bene! Come vi dicevo nella presentazione della Lima di Vicenza, c’era la grande scala a chiocciola in marmo rosso, con le ammoniti, che conduceva agli uffici ma, anche al secondo piano. Lì c’era il paradiso per voi Limaioli, la sala con l’esposizione di tutti i modelli Lima e un tavolo enorme che la percorreva per far sedere gli ospiti! Sulle pareti un armadio a vetri con sopra tutti i locomotori, i vagoni, i binari e accessori in forma sfusa, ma in ordine di codice per paese, in modo da essere sempre pronti da prendere. Sull’espositore anche le scatole della collezione dell’anno in corso, esposte per tipologia di prezzo e grandezza. Se ne prendeva in esame una per volta e si operavano i cambiamenti di loco e vagoni prendendoli dall’esposizione. Qui intervenivo io che dovevo, a suon di musica, fare il calcolo del costo della composizione, aumentarlo delle spese generali e ricarichi vari e sparare il prezzo. A seguire le ingiurie da parte degli astanti nelle linguemadri, dicendo che avevo sbagliato , impossibile. Tua nonna, il calcolo è giusto , l’ho fatto io. E anche Paolo sorrideva sapendo che i calcoli erano giusti. E allora togli, metti, cava, briga fino a raggiungere la meta del prezzo agognato! A fine giornata vi lascio immaginare il casino su quel tavolo e soprattutto dover mettere tutto apposto!! Da lì si passavano le schede con le composizioni, a Marino per preparare i cataloghi e scatole, a Lino per preparare gli stampi per i fondi in polistirolo e io preparavo tutte le distinte base e i listini da inserire nel CED. Il maestro di cerimonia era Giuseppe, che come dicevo svolgeva il compito di trait-d’union tra il commerciale e il tecnico. A lui si rivolgevano i rappresentati per soluzioni tecniche da prospettare a Paolo e arrivare a risolvere problemi e guai.
20 - A causa di quelle riunioni, una volta presi una strigliata da Paolo, ma non perchè avessi sbagliato qualcosa, no no! Il motivo era il mio vestire. Anni 70, anche se non ero un ribelle, ma cavoli un po’ di vent'anni dovevo pur viverli o no? Andavano di moda le magliette con le bandiere delle nazioni. Ricordo che ne avevo una con la bandiera della Corea con la palla in mezzo con lo Yin e lo Yang, bellissima. Ma così non doveva pensarla Paolo. Mi presentai ad una delle riunioni degli agenti con la mia bellissima maglietta, nessuno disse nulla ma, il giorno dopo Paolo mi convocò nel suo ufficio e mi minacciò di più seri provvedimenti ( mi sembrava gli scappasse da ridere finchè lo diceva) se non vestivo comediocomanda. All’uopo mi regalò una sua cravatta che conservo ancora gelosamente, in mezzo al centinaio di cravatte che ho, di Gucci con ferri di cavallo su campo marrone. Quella l’ho usata poco ma, da allora, ho sempre usato la cravatta anche d’estate. Mi ero convinto, anche negli anni successivi a Lima, che il rappresentare un’azienda richiedesse anche una certa forma, semplice e sobria, con qualche tua particolarità, senza essere un pinguino, tutti uguali, come adesso, che seguono la moda e sembrano tanti pentecostali in missione o peggio ancora, tanti piccoli Fabrizio Corona!! Adesso sono pensionato, tante magliette che non si stirano e le cravatte sono in armadio!
21 - Ed ecco Paolo che, come ogni mattina, a parte i venerdì 13, arriva da Venezia Ca’ Noghera, dove adesso c’è il Casinò vicino all’aeroporto. Sono le 8,20 e lui arriva, nebbia o pioggia, quello era il suo orario. Tabarro di loden a ruota, con cappello a tese larghe, passo pesante, da paron, sigaretta accesa, in bianco e nero sarebbe potuto essere la pubblicità del Sandeman. Tutta Lima in subbuglio, terminano le chiacchiere mattutine sulla sera prima, terminano i primi caffè. Apre la porta che dà sulle scale e grida: “Cisco vien da mi”, la vittima sacrificale. Giovanni la persona più calma e buona dell’universo, il nostro bomber a calcio! Lì, con Paolo, doveva sempre giocare in difesa. Alla mattina riceveva gli ordini di quello che la mente vulcanica di Paolo aveva pensato alla notte. Solitamente erano cose personali, come agende da compilare, seguire i cavalli, i fucili, le barche, le macchine fotografiche per i safari e i viaggi. Rimpinzato Giovanni di lavori si partiva con la giornata di lavoro effettivo. La seconda era Milvia che però sapeva farci con Paolo e non dimostrava mai soggezione, brava cavoli! Qualche riunione tecnica e di indirizzo aziendale, Paolo era il successore in-pectore dell’ing. padre. Però quando arrivava il padre, nonostante l’età avanzata, il pugno della situazione l’aveva in mano lui, e gli scontri non mancavano. Dovete sapere che gli uffici furono ulteriormente allargati con la costruzione di una nuova ala sospesa sul cortile a sinistra del lungo corridoio. Tre uffici nuovi per i tre Paoli: Paolo Bisazza, Paolo Conchetto direttore amministrativo, e Paolino vostro eroe!! Pertanto lascio la compagnia di Silvio, Marino, Enrico, e Giuseppe per trasferirmi in un ufficio grande tutto per me! La mia scrivania, i miei armadi, la mia postazione personale con terminale, per un ragazzino di 22 anni niente male, non credete? E partecipavo praticamente a tutte le riunioni decisionali, anche quella nel 1983 che mi fece decidere di uscire dalla Lima, preciso nessun dramma, nessun licenziamento, una scelta personale per salvare altri! Ma ve lo racconterò più avanti! Con Paolo, posso dire di non avere mai avuto scontri anzi, spesso ricevevo il suo più gran complimento a cui uno di noi potesse ambire, non lo traduco perdonatemi: " Seto che te si manco testa da casso de quello che te pari!" . Paolo ha popolato per molti anni, prima e anche dopo la mia uscita da Lima, i miei sogni notturni, e ogni tanto ricompare. Se è vero che le persone non muoiono fintantoché rimangono nei pensieri e nei sogni degli altri, Paolo è ancora vivo.
22 - Delle riunioni con gli agenti dei vari paesi abbiamo già parlato. Quelle interessanti erano quelle della Direzione. Durante una di queste riunioni, con il Presidente a capo, dove la discussione verteva su costi e altri calcoli complessi, a un certo punto qualcuno degli astanti fa una affermazione che in linea logica era la prima che poteva venire a mente, ma a me non suonava bene matematicamente. Riflettei se dirlo o no, ma ormai mi conoscete , non riesco star zitto. E’ sbagliato! Asserii. Un turbinio di improperi e cosa cavolo (per non usare altre parole) dici (ragazzino sottinteso). Avevo tutti contro, Presidente compreso. L’unico che non parlava il mite Dante, che però mi rivolgeva uno sguardo implorante come dirmi, ma cosa cazzo combini (qui ci stava)!! E io niente insistevo nonostante i tentativi di farmi abiurare! Però da lì a poco notai che dalla ressa si era ritratto Penna Bianca (il nome in codice del Presidente), non parlava più, lasciava che gli altri gridassero e inveissero. Tutto di un tratto battè la mano con tutta la forza che aveva per la sua età. “ Bastaaaa! El ga raxon - Basta ha ragione!!” Tutti ammutolirono, il Presidente mi fece parlare e spiegare le mie ragioni. Tutti accondiscero che era vero, ma non so se perché avevano capito o perchè lo aveva detto il Presidente! Da quella volta, il Presidente, ogni volta che veniva in Lima, in mezzo ai suoi impegni, mi chiamava nel suo ufficio per sapere come andava, se avevo qualcosa da riferirgli (sui figli). Un episodio che porto nel cuore per la saggezza del Grande Vecchio, che sapeva abbandonare la sua indubbia sanguignità per ragionare anche se era solo un ragazzino a parlare!
23 - E visto che siamo amici e una grande famiglia, perchè non organizziamo qualche gita in montagna? Bravo Paolino, proponi organizza che la Lima farà il suo dovere! Ed ecco nascere il MAVI - Montanari Autonomi Vicentini e Isolani. Prima gita sulle montagne più vicine: il Carega, 2.250 metri ma dal Vallon di Pissavacca che parte da 1000 metri, 4 ore di salita dove le vecchie vaporiere dei miei colleghi sbuffavano a più non posso, e io organizzatore dovevo fare da scopa e tirar su fino in cima chi non ce la faceva più. Tutti arci soddisfatti con calata di corsa giù per il ghiaione di Boale dei Fondi. L’infermeria al lunedi era piena quasi come dopo una coppa Cobram, il peggio toccò a Casara Antonio, 40 giorni per broncopolmonite. Aveva fatto il figo lui a petto nudo sul Carega! Seguirono la gita al Mulaz, questa in corriera strapiena sponsorizzata Lima, io attrezzato musico con chitarra per l’intrattenimento in corriera. Poi la gite di due giorni, quella del giro del Civetta dove abbiamo dormito, si fa per dire, al rifugio Vazzoler. La gita alla croda da Lago con pernottamento al Lago da Lago, ricordo una nottata con stellata incredibile distesi sulle pietre a picco sul lago! Ed infine quella alle tre Cime di Lavaredo con auto proprie in quanto i cordoni della borsa Lima si erano fatti più stretti. Naturalmente l’organizzatore con chi doveva montare, con il più alto in carica, e al posto della suocera. Rag. Paolo Conchetto, grandissima persona in tutti i sensi, bancario chiamato a sostituire il compianto dott. Poggi, tanti pregi ma aveva un difetto: era veneziano e come sappiamo i veneziani sono bravissimi sull’acqua ma sulla terraferma o asfalto...lasciamo perdere. Aveva già avuto qualche incidente, un rosso mancato, una tamponata subita in autostrada con l’Audi nuova finchè andavamo a Jesolo a casa del Presidente, colpo di frusta per lui , Dante e me, insomma provate a pensare come mi sentivo!! E chiacchiera, chiacchiera e sui tornanti che salivano da Vittorio Veneto a Belluno, lui bello bello mi fa un sorpasso in tornante di un camion. Gli amici nelle macchine dietro se la sono fatta sotto dalle risate, io senza risate!!! Comunque la camminata fu interessante, anche se dovetti cambiare posizione nella fila sul sentiero, quello davanti a me aveva mangiato qualcosa che non gli aveva fatto tanto bene!!!! Conservo gelosamente il libro di montagna che il MAVI mi regalò alla mia uscita da Lima. “Dolomiti di Sesto”.
24 - Una fonte per le cene aziendali erano i fornitori, tanti ma, pochi pagavano cene per tanti, molto probabilmente, tanti pagavano cene per pochi! Le aziende che organizzavano le cene più spassose erano la Cartondul e allora lì andavo come rappresentante di Isola Vicentina ma, le migliori in assoluto, erano quelle organizzate dalle Grafiche Capretta di Valdobbiadene, e già a nominare il paese si può ben capire il perché. Questo valeva per tutti ma non per me che sono astemio ergo, io guidavo! Con la mia Giulia super 1300 a gas, l’andatura era sicuramente tranquilla e la musica di Demetrio Stratos all’andata provocò una rivolta tra i trogloditi di colleghi ma, al ritorno nessuno si accorse della musica e potei ascoltare in tutta tranquillità. Capretta non ci portava in trattoriette ma nei migliori ristoranti del Veneto, Gorgo al Monticano, Pellestrina, Valdobbiadene e a volte anche con le mogli, chi avesse voluto portarle! Questo per dire che i fornitori erano una forza della Lima e soprattutto i lavoranti esterni. Se Lima aveva circa 500 dipendenti, l’indotto era sicuramente molto più grande. I lavoranti esterni che, se non ricordo male, arrivavano ad una ventina, avevano, come in alcuni casi, anche un centinaio di dipendenti nei mesi di punta. Ma poi con i lavoranti esterni, c’era il fenomeno degli sportivi. No, non quelli per i quali aveva creato la maglietta arancione Silvio, no, gli sportivi erano quelli che, in determinate ore, arrivavano dai fornitori con “le sporte”, vale a dire con le borse pieni di trenini montati e andavano via con quelli da montare. “La sportività” era un fenomeno molto diffuso in quegli anni in tutti i settori dove occorreva manualità e servivano ad abbattere i costi e ad incrementare gli utili soprattutto dei lavoranti esterni, vedi villette a pioggia e cementificazione diffusa del Veneto! Lima si serviva della lavorazione esterna soprattutto per gli articoli di bassa gamma come il Crick, dove era quasi irrilevante la componente professionalità per il montaggio e realizzazione.
25 - Un fattorino come Ippino Guerrino nessuna ditta poteva permetterselo. Questo uomo, non tanto alto, mimica facciale incredibile che, non lasciava mai trasparire un sorriso, occhio un po’ deviato che però, contribuiva a dare allo sguardo un punto interrogativo, come quando il tuo cane ti guarda dal basso in alto con la testa piegata e le orecchie appena sollevate. Si ma lui era impeccabile nella sua divisa grigia scura e cappello: Guerrino , perfetto fattorino. Lui usciva alla mattina per andare in posta e nelle banche per prelevare lettere e pacchi e portarne altri, il tutto con la sua 500 giardinetta color crema. Ecco, la sua velocità era tale che, una volta il mitico vigile di Vicenza Dante, lo fermò finchè transitava in un punto nodale del traffico di Vicenza! Non si doveva circolare a quel modo!! Multa per intralcio al traffico! Guerrino non sfrecciava di sicuro e a lui non di certo gli avrebbero mai affidato l’Audi Quattro da guidare , neanche la 127! Però era preciso, sicuro, affidabile come pochi altri. Il suo sguardo si “disturbava” quando Gianna lo mandava a prendere, al PAM in centro a Vicenza, gli gnocchi alla romana. Era sicuramente una gran rottura ma, non ho mai capito se si disturbasse per il fatto che non era cosa di lavoro e a lei non poteva dire no oppure, perché avrebbe fatto fatica circolare in centro e soprattutto parcheggiare! Gli altri autisti non erano certamente come Guerrino, quelli con le macchine ci sapevano fare ma, qualcuno non era così ligio e professionale come lui. Qualcuno durante le fiere era riuscito anche a farsi spedire a casa perchè, “qualcuna”, gli aveva portato via tutto. Monito per tutti gli altri che poi sarebbero andati in fiera! Avete mai visto in giro per l’Italia o l’Europa un camion rosso con la scritta Lima? E sì, ad un certo punto della storia Lima comperò un camion per compiere i trasporti e poter risparmiare (credevano). Non sempre si riusciva ad ottimizzare i trasporti e i tempi morti erano elevati. A volte il camion aspettava, fino a notte fonda, l’ultima scatola uscita dalla produzione, per poi partire. Oppure i primi quantitativi di una novità che il giorno dopo doveva arrivare ai negozi! Ricordo una volta che il nostro autista Tranquillo, causa una chiusura di qualche passo o qualche sciopero con conseguente blocco stradale, passò su di un passo alpino nel quale non ricordo neanche se fosse permesso il transito alle auto, ma sicuramente agli autoarticolati no. Con una infinità di manovre e contromanovre, con mezzo cassone fuori sul bilico del burrone, riuscì nell’impresa e consegnare la merce in tempo! Quante avventure per questi trenini!
Paolo Lavarda
Vai alla parte prima Vai alla parte terza Le immagini sono tratte dal libro di Leone Neri "Lima il treno nasce così" edito da Lima SpA senza data ma databile al 1968 |