RRagazzi RRivarossi - PLASTICO BARBERINI
di Giulio Barberini e Massimo Cecchetti, foto di Giulio Barberini
Lo splendido racconto, che Giulio ci manda sull'onda della memoria, merita di essere riportato integralmente. Il racconto narra le impressioni di un bambino che assiste, stupito ed ammirato, all'allestimento ed alla preparazione del plastico del Papà, integrato dalle osservazioni dello stesso Giulio, oggi diventato fermodellista evoluto e titolare addirittura di un sito fermodellistico, che segnaliamo volentieri: http://www.trainpassion.it/ Il racconto, in certi momenti diventa addirittura commovente nel descrivere l'amore dei genitori per il loro bambino, in circostanze e consuetudini che gli rimarranno impresse per tutta la vita. Le poche foto, tutte eseguite durante una piccola sessione fotografica familiare, ci servono più a capire l'attenzione di un bambino davanti al passaggio dei piccoli treni, che a descrivere il plastico vero e proprio. Ma non è affatto poco. Ecco dunque il racconto di Giulio:
Giulio ed il suo trenino... dalla cassetta di espansione dell'impianto di riscaldamento, sullo sfondo, il plastico si trova già in soffitta. Dubino, ancora isolata ,attende una sua collocazione sul plastico.
“...Ero
sicuramente più basso di un metro mentre osservavo incuriosito mio
padre che assemblava una struttura in legno con bulloni e dadi e che
a me sembrava gigante…..questo è il primo ricordo di qualcosa che da
lì a poco sarebbe diventata per me un piccolo mondo incantato. Benché non avessi il permesso di giocare con i modelli, nella mia immaginazione quel plastico era anche mio ed era una immensa gioia rimanere per ore in ammirazione di quello che stava prendendo forma”.
Giulio, finalmente, riesce ad affacciarsi al piano del tavolo... la
scoperta di un nuovo mondo!... L'uso di una forte illuminazione
diretta, proveniente da una lampada, ha reso sottoesposta quasi
tutto il resto dell'inquadratura. Ma noi riusciamo comunque a
vedere l'attenzione e la serietà di Giulio.
“Tutto il materiale era ovviamente Rivarossi e potevamo ammirare la
stazione di Pergine e quella di Dubino, il magazzino merci, la
rimessa locomotive di Milano Smistamento, nonché banchine, ritirate,
linea aerea, massicciata in spugna, sganciavagoni magnetici e,
dulcis in fundo, il passaggio a livello elettromagnetico azionato
dalla controrotaia.
Pergine, sempre splendida, nonostante l'impietosa illuminazione, ed il bagagliaio DUZ 95000. Il racconto di Giulio, ora adulto, si sofferma, adesso, su una descrizione più tecnica e specialistica del plastico e dei suoi accessori:
Il
plastico aveva una dimensione approssimativa di 4 metri per 2,5, un
circuito molto semplice costituito da un doppio ovale ed una coppia
di tronchini, uno dei quali conduceva alla succitata rimessa
locomotive, quella con le porte automatiche, tanto per intenderci,
azionate dal paraurti interno grazie ad un leverismo non proprio
preciso ed affidabile. Con il tempo il fermodellista si lanciò anche in audaci autocostruzioni, fra le quali ricordo la piattaforma girevole, una piazzetta con giardino e lampioni, la prima montagnola rigorosamente costruita con telaio, rete metallica e cartapesta.
Giulio guarda ammirato il transito di un convoglio. In primo piano il carro Di con fischio (1961), comandato dalla sezione di rotaia dritta AT. Si intravvede, un po' troppo sovraesposto, anche lo scalo merci Olgiate Calco
Il
mio apporto, per quanto riesco ora a rammentare, non fu di grande
entità. Ricordo comunque con grande gioia ed emozione un episodio
bellissimo. Era una serata invernale ed io, mio padre e mia madre
stavamo tutti lavorando alla costruzione della piazzetta con
giardino sul tavolo della cucina. Mio padre stava realizzando i
lampioncini, mia madre tagliava piccoli pezzi di cartoncino ad
imitazione della pavimentazione in pietra ed io li incollavo al loro
posto. Al termine del lavoro spegnemmo le luci ed accendemmo i
lampioncini…ai miei occhi si presentò uno spettacolo meraviglioso,
un'altra realtà ridotta in scala sulla quale sognare ad occhi
aperti. Questo è forse uno dei più bei ricordi che tuttora mi
accompagnano, per la soggettiva bellezza dell’opera, ma soprattutto
per l’emozione del momento, tutta la famiglia che gioca insieme!
Purtroppo la percentuale di plastici
che arriva a completamento è piuttosto bassa e questo tracciato
Rivarossi non vide mai la fine dei lavori. In una tristissima
giornata di ottobre del 1970 il plastico fu smontato e ceduto a mio
zio, causandomi un cocente dolore ed un acuto risentimento nei
confronti del parente prossimo. |