I Marchi di Rivarossi
(di Massimo Cecchetti)
Rivarossi produrrà, nella sua lunga storia, diversi e svariati marchi, alcune volte frutto di evoluzioni precedenti, altre creandone di nuovi ed originali. Non registrerà mai nessuno di essi. Ho volutamente escluso i marchi delle tre serie "modello", "modello oro", "supermodello" in quanto semplici elaborazioni grafiche. Analizziamoli non solo in senso grafico ma anche valutandoli nella loro progressione cronologica.
Il "galletto"...sicuramente il primo... Como, 8 settembre 1943: il tenente Rossi, sposato da due mesi e reduce da una convalescenza, rientra al suo comando, dove, allibito, si sente consigliare: "in questo momento lei ha solo tre alternative: riunirsi all'esercito tedesco (ammesso che ne abbia così tanta voglia...), andare in montagna (allora un'assoluta incognita) o rifugiarsi in Svizzera, che accoglie, senza conseguenze, gli ufficiali italiani fuoriusciti. In quell'Italia disperata, senza più capi ne esercito, Alessandro Rossi sceglie la terza ipotesi: la neutrale Svizzera è a due passi da Como, lo sbando dell'esercito italiano è ormai accertato ed ora ha anche la responsabilità della giovane moglie. La Svizzera lo accoglie con facilità ma bisogna sopravvivere. Riesce a trovare un lavoro a cottimo colorando i galletti di un piccolo gioco meccanico in legno per bambini. Ma il suo spirito imprenditoriale prevarrà presto su questa situazione e infatti poco tempo dopo è già intento a produrre addirittura una piccola serie di motoscafini in legno, e qua decide di utilizzare il "galletto" che poco prima dipingeva, come marchio per questa produzione ultra-artigianale. Pochi anni dopo, al momento di dare un marchio ai suoi treni, Alessandro Rossi ricorrerà al "galletto" che affiancherà, quasi sovrapponendosi, il lemma "Rivarossi" (nel catalogo 1947 apparirà addirittura da solo in copertina). Vi presento volentieri la prima elaborazione, di mano dello stesso Rossi, affiancata dalla versione più moderna che ne riprende però perfettamente lo spirito iniziale. L'avventura di questo marchio non sarà breve: verrà reintrodotto, quasi 45 anni dopo, a rappresentare una serie di modelli di pregio e in tiratura limitata e numerata.
La prima identificazione del lemma Nel primo catalogo (1946) Rivarossi si presenta alla clientela con un carattere inedito ed armonioso ricavato dalla semplice elaborazione di caratteri a stampa. Di colore nero, nonostante la futura maniacale attenzione al rosso, si rivela come un'elegante trasposizione grafica, vagamente liberty, del nome societario. La realizzazione della copertina del catalogo è opera del venticinquenne Alessandro Rossi che, con una piccola sigla in copertina, firma anche il suo lavoro. Elaborazione molto semplice, più una aggraziata esposizione del lemma che un marchio incisivo. Sarà rapidamente sostituito.
Nel catalogo del 1948 il logo (ancora in compagnia del mitico "galletto") appare in una esposizione grafica che ne dimostra l'interesse e l'attenzione. Lo spunto è sempre un carattere tipografico, molto in voga al tempo, ma rivisitato per dare continuità e fluidità alla lettura. La sola prima "R" iniziale è evidenziata in maiuscolo, le due "esse" finali si annodano un po troppo ma alla fine però impatto, contenuti e leggibilità sono rispettati. Sarà usato fino al 1958 tracciando il primo straordinario solco identificativo aziendale e servirà come base per quello che diventerà, probabilmente, il più incisivo e sfruttato dei logos RR.
Evoluto (1959) dal precedente sarà il marchio che per temperamento e diffusione identificherà l'azienda nel periodo del suo massimo splendore e potenzialità. Ideato da Amleto dalla Costa risulta semplice, razionale, incisivo e continuerà a prevalere nella memoria e nel cuore degli appassionati anche dopo la sua sostituzione (1970). Addirittura la stessa Rivarossi lo riutilizzerà (guardate le confezioni blu...) accostandolo alla versione dalla doppia "R", quasi a rassicurare la clientela sulla continuità aziendale. La "pittorica" mano di Amleto Dalla Costa è visibilissima in questa interpretazione dove finalmente lo sguardo può correre liscio e fluente su tutte le lettere. Le due "esse" sono state finalmente alleggerite ed il logo mantiene, coerentemente con il precedente, in evidenza la sola "R" iniziale. Essendo monocromatico, si prestava alle più svariate condizioni di stampa: positivo, negativo, in percentuali di retino (o diverse colorazioni), contornato in out-line o in rilievo sotto i modelli, senza perdere identificazione e leggibilità. Ma se le condizioni di riproduzione lo consentivano, fu sempre rappresentato nelle sua splendida colorazione rossa.
Nel 1959 compare la produzione di articoli e start-set improntati a semplificazioni di fascia economica e spesso in scatola di montaggio. Sulla riproduzione di due ruote di locomotiva appaiono le due "erre" (riva e rossi) ma visualizzati in un'impronta minore (come la serie "rr" richiedeva) e dunque... in minuscolo. Un delizioso scherzo grammaticale per un logo spesso a tre colori (rosso, nero, nero retinato) che qualche volta (ad esempio in caso di stampa negativa) lo rendevano un po diverso dall'originale. Alcune volte le due "erre" (sempre sovrapposte alle due ruote) appaiono scritte in maiuscolo, ad indicare invece il monogramma aziendale.
La serie trenHObby Nel 1962 Rivarossi inaugura, con la serie trenHObby, una linea di prodotti in scatola di montaggio. Il logo è tra i migliori e più efficaci della casa di Como. L'intreccio tra i lemmi "treno", "HO", "hobby", (tra l'altro anche di difficile pronunziabilità tra loro), è stupendamente sintetizzata in un'unica immagine, che li unisce, pur mantenendo indipendenza di contenuti. Il rosso "HO" fa da spartiacque alle parole "treno" e "hobby" ma il lettore elabora, in un'unica un'occhiata, una sola parola: "trenhobby". Un mirabile intreccio dunque, perfettamente interpretato da dalla Costa, a rappresentare una linea di prodotto che segnerà la traccia per una vera scuola di fermodellismo.
Nel 1963 viene lanciato sul mercato il tram di città completo di una notevole serie di accessori. Per l'occasione si produce anche un logo che contraddistinguerà tutta la linea di questi prodotti. Elaborato ancora da A. dalla Costa si presenta semplice e leggibile, discreto ma molto personale nel carattere ideato (lo stesso del lemma "HO" nella serie TrenHObby). A causa della sua lunghezza, accentuata dalle punte delle grazie e dalla eccessiva crenatura, veniva anche spezzato un due parti: "TRAM" (sopra) e "WAY" (sotto) ma la notevole personalizzazione del carattere lo rendeva sempre facilmente identificabile.
Un piccolo mistero... Nel catalogo generale 1966/67, nella pagina dedicata ai 20 anni di attività, Rivarossi sembra suggerire una nuova soluzione per il marchio aziendale. Pur presentando in copertina il logo nella sua seconda evoluzione sembra si voglia proporne un terzo, completamente nuovo. In effetti viene ripreso il carattere a "bastoncino" usato nei primi anni '50 ma inquadrato tra due fasce nere (binari) e piccoli rettangoli rossi (traversine). L'identificazione del lemma Rivarossi con un tratto di binario è notevole ma il guaio sta nel fatto che questa elaborazione (nonostante la sua presentazione in catalogo come una evoluzione dei precedenti) non avrà seguito...
Nel 1970 appare l'ultimo marchio aziendale (prima della presenza Hornby, che evolverà proprio da questo). Lo stesso dalla Costa, autore del progetto, ci indica la giusta chiave di lettura: una volontà di rinnovamento della immagine aziendale pur sapendo di abbandonare dei logos fortemente radicati nella clientela. Nulla ricorda i precedenti restyling del marchio e assistiamo ad un passaggio di identità dal lemma "Rivarossi" alle due storiche "RR". Queste sono evidenziate in caratteri creati per l'occasione e che ancora oggi ci rimandano allo stile e al gusto di quegli anni. Segue il completamento del lemma espresso con un carattere semplicissimo per non interferire con la forte personalizzazione delle due prime lettere. Nel primo anno si comincerà a leggere dalla seconda "ERRE" con uno sgradevole effetto "balbuzie", per poi definitivamente assestarsi sulla soluzione, molto più fluida, che vi presento. Era prevista anche una bellissima versione "corta", molto compatta ed efficace e che sarà usata addirittura per le copertine di molti cataloghi. Buonissimi impatto e leggibilità, un po troppe le varianti diverse (positiva, negativa, out-line, variamente colorata) ma che comunque non alteravano la percezione complessiva del logo.
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Si ringrazia Amleto dalla Costa per la preziosa supervisione.